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Nessuno si salva da solo

Chi è stato escluso in partenza dalla corsa al nuovo oro, le vaccinazioni, dovrà aspettare settimane se non mesi, prima di ricevere i vaccini.

A febbraio le stime dell’OMS prevedevano che il 15% scarso della popolazione mondiale si sarebbe visto garantito un accesso esclusivo al 50% dei vaccini a disposizione.
Ad oggi l’andamento non è migliorato e se il direttore dell’OMS parla di situazione grottesca, riferendosi ai dati della distribuzione e somministrazione dei vaccini, questi parlano chiaro.

La pandemia in corso, la cui diffusione, tra le altre cose, è stata  causata dall’ampia mobilità internazionale e dell’abbattimento delle barriere naturali, che ha portato a sfruttare aree incontaminate per fare spazio ad attività produttive, è una delle ultime incognite che ci siamo trovati ad affrontare.

Di per sé, le avvisaglie di un potenziale pericolo erano nell’aria da anni, ma a fare la differenza, quando si tratta di dover fronteggiare un’emergenza, è la mentalità.
Mentalità pigra che ora ci sta conducendo allo stesso errore di stima fatto a inizio pandemia: dopotutto chi non ha pensato a marzo 2020 che il nuovo virus fosse un problema con cui soltanto l’Asia avrebbe dovuto fare i conti, come altre volte negli ultimi venti anni?

Dalla lezione appresa dolorosamente nell’anno trascorso, avremmo dovuto imparare che la globalizzazione porterà i problemi su una scala sempre più ampia, eppure si parla ancora troppo spesso di immunità di gregge in termini nazionali, per indicare quando potremo riappropriarci di una parvenza di normalità, dimenticando che se non raggiungeremo l’immunità a livello globale posporremo il problema.

Non è incolpando la globalizzazione e barricandoci all’interno dei nostri confini che risolveremo la questione.

Nonostante ci sia chi provi a ragionare spostandosi dal particolare al generale, la grande maggioranza di coloro che influiscono sulle leggi di mercato o amministrano le nazioni non vuole o non riesce ad assecondare i desideri di chi vorrebbe una decisa inversione di tendenza. Così, nonostante l’Organizzazione mondiale della sanità, insieme alla Global Vaccine Alliance e alla Coalition for Epidemic Preparedness Innovations, abbia lanciato preventivamente ad aprile 2020 il piano vaccinale Covax, con la volontà di distribuire il vaccino in modo omogeneo in tutto il globo, o esperti del settore come Gino Strada abbiano più volte sollevato le loro perplessità in merito alla distribuzione dei vaccini nel mondo, le promesse di una gestione dell’emergenza con un occhio di riguardo ai più fragili sono state finora sempre disattese.

Gli esempi di procrastinazione non si limitano ai vaccini (se siete interessati ad un altro esempio di gestione pigra, su Lumen abbiamo parlato del concetto di ecocidio) e questo atteggiamento sta concedendo la vittoria all’egoismo: dopo aver dimenticato di considerarci un tutt’uno con la natura, creando le premesse per la pandemia in corso, continuiamo a trascurare che siamo anche parte di un’unica specie.

Chiudiamo gli occhi consapevolmente, aggrappandoci al “salva te stesso”, e fingiamo che i morti delle altre nazioni o continenti siano diversi dai nostri.

Credo che una progressiva riscoperta della bioetica rivesta un ruolo fondamentale per gestire al meglio le opportunità che la globalizzazione offre. 

“L’etica è un insieme di norme o di valori che pone vincoli ad alcuni desideri per far sì che alcune azioni ritenute particolarmente importanti raggiungano il livello di coordinamento sociale richiesto per garantire ai membri di una data società l’adeguato benessere e/o l’adeguata autorealizzazione consentita dalle circostanze storiche date (condizioni climatiche, tecniche, ecc.).”

M. Mori, Manuale di bioetica. Verso una civiltà biomedica secolarizzata, pp. 21-22, Le Lettere, 2019, Firenze.

La bioetica è una sua diramazione e oggi la indichiamo comunemente come quella branca di studi che tratteggia la linea oltre alla quale non ci è consentito andare, nel campo della sperimentazione medica, dove il concetto di bios coincide con quello di esistenza umana.

Se però considerassimo la definizione del termine, ci renderemmo presto conto che la vita va pensata fuori dagli schemi umani e che la bioetica, come la intendeva uno dei suoi ideatori, Potter, dovrebbe mettere l’uomo a confronto con la natura su una scala di valori morali umani, chiedendosi come tutelare gli interessi della vita in tutte le sue forme.

La trasposizione dal piano di indagine teorico della bioetica a quello pratico dell’agire umano spetta poi al biodiritto.

Bioetica e biodiritto, usciti quindi dal recinto in cui siamo soliti collocarli, dovrebbero avere lo scopo di trovare quei valori universali a cui l’uomo deve rifarsi, senza per forza andare ad appiattire tutto quel retroterra etnico e culturale a cui le popolazioni del mondo appartengono.

L’etica è qualcosa che c’è, che pone dei valori di riferimento e che esiste prima e dopo di noi, ma diciamocelo, per ora la svolta è prevalentemente intellettuale e pochi riescono a conciliare ritmi e consumi imposti dalla nostra società, con le intenzioni green.

Nonostante il recente fiorire di movimenti a tutela dell’ambiente abbia spostato il focus dell’opinione pubblica su tematiche che fino a qualche anno fa erano ignorate dai più, quanti di noi, pur facendosi portatori di determinati ideali, si ritrovano spesso a optare per la soluzione più comoda offerta dal mercato? Quanti si accontentano di affidarsi a una firma improvvisamente sostenibile, senza appurare l’effettiva veridicità delle sue dichiarazioni? Siamo consapevoli che il mercato stesso si è evoluto e ha adottato un linguaggio che porta a credere che sostenibilità e consumismo possano coesistere?

Non è facile vivere la propria esistenza in armonia con tutte quelle indicazioni che ci permetterebbero di invertire la rotta e molti si giustificano sostenendo che se il cambiamento non proviene dall’alto allora tanto vale evitare di battersi per questi valori, per non esporsi ai rischi dell’incoerenza dietro l’angolo. Benché si possa comprendere l’origine di questi timori, non è aspettando che gli altri ci facciano cambiare che svolteremo realmente pagina: siamo parte di un sistema chiuso che si chiama terra, e per la reciprocità tra l’uomo e la natura non si può fare finta che le azioni dell’uno non prevedano una risposta da parte dell’altro: assumiamoci le nostre responsabilità bioetiche a partire dalla quotidianità di ognuno. 

Siamo individualità imprescindibili di un’unica realtà.  

Giovanni Beber

© Riproduzione riservata

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