Cultura e Società Ecologia

Salvaguardare i semi per proteggere la biodiversità e favorire la sicurezza alimentare

I semi si trovano alla base della nostra catena alimentare e da essi trae origine gran parte di quello che mangiamo: dai cereali necessari per impastare il pane, alla frutta, alla verdura, fino al mangime destinato agli animali che alleviamo. In un certo modo sono una delle massime espressioni della nostra cultura e rappresentano il frutto del lavoro di selezione compiuto dai nostri antenati nel corso dei millenni.

Tuttavia, a partire dal secolo scorso, la scoperta di tecnologie sempre più avanzate e il miglioramento del tenore di vita hanno favorito lo sviluppo di nuove forme di consumo, basate sulla grande distribuzione e sul marketing selvaggio. Il settore produttivo, quindi, per andare incontro alle richieste del mercato, ha spostato la propria attenzione sull’omogenizzazione delle colture e sulla redditività della terra. Questo ha ridotto il numero di specie coltivate, causando una forte erosione della biodiversità agricola e della qualità dei prodotti che mangiamo.

Per rispondere alle sfide globali che ci attendono, con una popolazione in aumento e l’avvicendarsi di fenomeni meteorologici estremi, che rischiano di mettere a repentaglio i raccolti e la salute umana, sarà fondamentale difendere e promuovere la biodiversità per fare in modo che tutti possano avere accesso a cibo nutriente, sano e in quantità sufficiente.

I semi e lo sviluppo del settore agricolo

La diffusione dell’agricoltura industriale ha portato alla meccanizzazione della produzione e alla selezione di varietà ad alto rendimento. Queste metodologie hanno causato l’abbandono di pratiche e colture tradizionali, spesso meno fruttuose, e la perdita della grande diversità biologica che caratterizzava gran parte del settore agricolo mondiale.

A partire dagli anni Settanta, infatti, la produzione agricola si è concentrata su un numero limitato di specie e varietà. Attualmente, tre sole specie di cereali, mais, riso e grano, forniscono il 60% delle calorie necessarie per la sussistenza della popolazione mondiale.

La maggior parte delle sementi disponibili sul mercato sono ibridi commerciali caratterizzati da un’ottima resistenza alle intemperie e un’eccellente produttività. Il 63% della produzione, però, è controllata da quattro multinazionali, Bayer, Corteva, ChemChina e BASF.

Questo rappresenta una stortura del mercato. I semi ibridi infatti, se ripiantati, non garantiscono lo stesso risultato in termini vegetativi e produttivi dell’anno precedente, così, gli agricoltori sono costretti ad acquistarne di nuovi ogni anno. Molte delle stesse aziende che li selezionano, inoltre, sono diventate leader nella produzione di quei prodotti fito-sanitari necessari per trattarli correttamente.

A causa della omogenizzazione della produzione e dell’offerta, quindi, le sementi vendute si limitano spesso a poche specie e poche varietà. Basti pensare a quello che possiamo acquistare nella grande distribuzione. I prodotti sono sempre gli stessi e spesso, rispetto alla generazione dei nostri bisnonni, ci ritroviamo a mangiare le solite cose.

Infine, un sistema produttivo come il nostro, basato sulle monocolture, contribuisce a impoverire il suolo, a mettere a repentaglio la biodiversità e ad esporre maggiormente le colture al rischio di malattie.

Esempi e buone pratiche che riguardano i semi e la tutela della biodiversità in Italia e nel mondo

Nel corso degli anni, è stato fatto qualche passo avanti per cercare di invertire questo processo. Ad esempio, la “Dichiarazione delle Nazioni Unite sui diritti dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali“, adottata dall’Assemblea Generale ONU nel 2018, stabilisce il diritto alle sementi dei contadini e delle altre persone che lavorano nelle aree rurali.

La Dichiarazione, inoltre, riconosce il diritto dei contadini a essere protetti dall’espropriazione e dalla distruzione delle pratiche dei loro semi, ma anche dalla contaminazione genetica, dalla biopirateria, dal furto e da tutte quelle misure che potrebbero minacciare la biodiversità e le conoscenze tradizionali.

Nel mondo, poi, ci sono alcune realtà che si adoperano per tutelare il diritto alle sementi, i semi stessi e la tutela della biodiversità. Alcune operano a livello internazionale, altre lavorano direttamente nel nostro Paese.

La prima è Slow Food, un movimento internazionale fondato in Italia nel 1986, che mira a creare sistemi alimentari sostenibili e resilienti. Il lavoro di Slow Food sulle sementi si basa su una serie di azioni coordinate e complementari, tra cui progetti di advocacy e di sensibilizzazione. Queste azioni mirano a coinvolgere tutti gli strati della società, a incoraggiare i consumatori a influenzare il mercato con le loro scelte e a diventare soggetti attivi nel campo delle politiche del cibo.

La Via Campesina, invece, è un’organizzazione internazionale fondata in Belgio nel 1993. È formata da 182 organizzazioni di 81 paesi e coordina le organizzazioni contadine dei piccoli e medi produttori. La Via Campesina supporta l’agricoltura sostenibile basata sull’agricoltura familiare, dei lavoratori agricoli, delle donne rurali e delle comunità indigene dell’Asia, dell’Africa, dell’America e dell’Europa. Per questo realizza campagne per difendere il diritto dei contadini alle sementi, per fermare la violenza contro le donne e in generale per il riconoscimento dei diritti dei contadini.

La salvaguardia di semi e biodiversità in Vallagarina

A livello locale, nella nostra Vallagarina, l’associazione La Pimpinella mira a salvaguardare i semi, la biodiversità agricola e l’antico patrimonio orticolo del Trentino. In particolare si occupa di conservare le varietà locali attraverso la produzione di piantine e l’organizzazione di incontri ricorrenti per scambiarsi buone pratiche e semi antichi e riproducibili.

Infine, abbiamo Orto San Marco-Setàp, spazio agricolo urbano nel cuore di Rovereto. A differenza della Pimpinella, non si occupa direttamente di produrre e scambiare semi ma, attraverso eventi e momenti di formazione, cerca di promuovere i valori dell’agricoltura sostenibile, di tutelare la biodiversità e di favorire scelte, consumi e pratiche responsabili. E di questo abbiamo un gran bisogno.

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