Cultura e Società Sport

Inutile per nulla: l’invisibile efficacia di ciò che appare irrilevante

Ci sono azioni che intraprendiamo soltanto perché obbligati, altre perché ci vengono suggerite, altre in quanto semplici istinti e altre ancora perché corrispondono a svaghi che ci permettono di uscire dalla nostra quotidianità. Spesso sono proprio le distrazioni ad essere dotate di utilità, a dispetto delle apparenze. Infatti, in alcuni casi, esse sono addirittura propedeutiche all’acquisizione della maggior parte di quelle abilità che invece riteniamo di indiscusso valore.

È chiaro che il tempo costituisce la variabile che permette di inquadrare un particolare fenomeno, via via che scorrono gli anni, sotto una nuova luce. Con il sopraggiungere di maturità e avvedutezza sarà infatti finalmente possibile individuare aspetti che prima non sembravano esserci.

Desiderio di evadere dalla routine e desiderio di conoscenza

Riesce naturale, d’altronde, un parallelismo in questi termini fra desiderio di evadere dalla routine quotidiana e desiderio di conoscenza. Il primo di questi si estrinseca in un’ampia gamma di possibili sortite, non ultima quella che confluisce nello sport. Infatti, già dall’etimologia del termine si ricava una chiara indicazione. Essendo derivata dalla particella de – nel significato di allontanamento, distacco – e dal verbo portare, uniti assieme formano una parola che, pur combaciando col nostro “deportare”, si traduce piuttosto con “portarsi al di fuori” e dunque, appunto, evadere dalle consuetudini.

Il desiderio di conoscenza invece, nobilitato anche dai celebri versi danteschi, messi in bocca all’Ulisse dannato, si ritrova facilmente, ad esempio, nella ricerca scientifica. Qui però è bene fare una dovuta precisazione. Non si sta parlando della ricerca tesa a un risvolto pratico o a un obiettivo, quella del “publish or perish”, tipica specialmente in Occidente. In questo caso si tratta di quella ricerca che pochi Stati – e ancor meno aziende – sono disposti a finanziare: la cosiddetta ricerca pura.

È la ricerca che i matematici conoscono forse meglio di altri, per il fatto che nel loro settore rimane più familiare e meno invisa. Qui si parla di ricerca fine a sé stessa, spinta unicamente dal piacere di provare e dal desiderio di conoscenza. Questi sono infatti gli elementi che, in fondo, hanno ulteriormente differenziato la natura umana da quella delle altre specie animali.

A ben cercare, si trovano simili evidenze, con utilità affiorate successivamente, anche in altri campi del sapere. È il caso delle scienze umane, dell’architettura o, ancora, dal settore aerospaziale fino a quello automobilistico. Basti pensare ad esempio alla poesia, ossia un vezzo apparentemente esclusivamente estetico, mediante il quale tuttavia scaturiscono spesso una sintesi e una pulizia di linguaggio che si riflettono poi nella salvaguardia di un pensiero strutturato.

Sport e matematica: un parallelismo bizzarro

Non riesce complicato intuire come da un istinto naturale come l’attività ludico-sportiva, abbiano origine una serie di vantaggi ad oggi clinicamente riconosciuti. Lo sport permette infatti di prevenire di problemi al sistema cardiocircolatorio, di produrre endorfine o il rafforzamento del tenore muscolare. Eppure, nessuno di questi benefici è fra le cause che invogliano un bambino a giocare. Ma quando il divertimento andrà scemando, saranno proprio questi vantaggi a preservarci dalla pigrizia che magari c’indurrebbe a smettere.

Il caso della matematica è ancora più eclatante: dai suoi meandri più astratti e più improbabili, sono emerse teorie che hanno persino rivoluzionato il mondo. Il riferimento non è solo al naturale approdo di questa disciplina, vale a dire l’informatica, la cui utilità è sotto gli occhi di tutti. Si può pensare anche alla crittografia (Alan Turing scompigliò i piani dei nazisti decriptando la macchina Enigma) e alla relatività, dalla cui precisione dipendono i nostri attuali sistemi di geolocalizzazione.

Una curiosità, Alfred Nobel escluse la matematica dalla lista delle materie che avrebbero permesso l’assegnazione dell’omonimo premio. Il motivo? Egli giudicava meritevoli solamente le discipline dalla concretezza conclamata. Mal gliene incolse tuttavia, se si vuole credere (pare sia solo una leggenda) alla storia secondo cui la moglie del signor Nobel, affascinata dal carattere di un tale svedese di nome Magnus Leffler, tradì ripetutamente il celebre Alfred con tanto di beffa del destino: lo scandinavo amante di lei, utile o inutile che fosse saperlo, era un matematico.

Davide Girardi

© Riproduzione riservata

Condividi se ti è piaciuto:

Similar Posts