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Supermercati e comunità

In un piccolo paesino della val di Fassa v’è un negozietto, che espone un cartello con un invito chiarissimo: «Comprate nei piccoli negozi, i piccoli negozi sono l’anima del paese». E negarlo è difficile, del resto la vitalità dei centri storici, grandi o piccoli che siano, sussiste proprio in virtù delle attività commerciali, catalizzatrici di incontri, conoscenze e relazioni sociali. 

Il principale nemico dei piccoli negozi sono i centri commerciali e i supermercati: è noto, infatti, che dall’avvento di essi negli anni del boom economico le piccole realtà hanno lentamente, ma progressivamente, cominciato a chiudere le serrande. Rovereto non fa eccezione: basta una veloce ricerca online per rendersi conto che il tema è da anni considerato all’ordine del giorno. Ad esempio, la Voce del Trentino, in un articolo dello scorso ottobre afferma che dall’inizio dell’anno una ventina di attività hanno chiuso; l’Adige, dal canto proprio, nel 2021 titolava: «una città accerchiata dai supermercati e centri commerciali»

Chiaramente, i vantaggi dei supermercati e dei centri commerciali sono presto spiegati: abbattimento dei costi, massimizzazione dei guadagni e un prezzo più favorevole all’utente finale. E certamente, il debole consumatore, con un potere contrattuale prossimo allo zero, è spinto, se non addirittura necessitato, a riversarsi tra le fila degli scaffali. Inoltre, le attuali contingenze economiche, in particolare la forte inflazione e l’aumento dei costi dell’energia non fanno altro che alimentare questa situazione.

Così a Rovereto, da un lato, si assiste a quest’inarrestabile e logorante svuotamento degli spazi del centro adibiti ad attività di natura commerciale, dall’altro, alla presenza sempre più massiccia di supermercati e centri commerciali al di fuori di esso. Se poi si considera l’impatto che, proprio sui piccoli negozi, ha il commercio online, la situazione pare essere estremamente difficile per loro.

Il rischio corso dalla città è solo legato, innanzitutto, alle conseguenze economiche negative che un tale fenomeno può causare: infatti, la chiusura delle attività commerciali comporta, ad esempio, la perdita degli stipendi per i dipendenti – con le relative implicazioni personali, sociali ed economiche –, l’impossibilità di investire eventuali utili e guadagni e anche la mancata acquisizione del gettito fiscale da parte delle casse pubbliche.

Tuttavia, vi è anche un ulteriore rischio, spesso sottovalutato: esso attiene alle conseguenze sociali che deriverebbero dalla scomparsa di un grande luogo di aggregazione come quello del centro inteso nel suo complesso. Infatti, un minor numero di attività commerciali significa anche un proporzionale minor numero di persone che camminano per il centro, che prendono un caffè o un gelato, che comprano un libro, che parlano, che si conoscono e che fanno comunità.

Proprio su quest’ultimo punto sarebbe opportuno riflettere, perché una città che vanifica le occasioni di essere comunità è destinata a spegnersi e divenire un mero agglomerato di case. E ciò, per Rovereto, sarebbe una sconfitta imperdonabile, perché in realtà uno spirito di comunità, che coinvolge e abbraccia anche i comuni circostanti, esiste ed è forte, basti qui ricordare l’apertura di Castel Beseno per Sinergie Lagarine o InBosco, che riusciva a unire le forze di tante persone in una serie di attività per tutti.

Infine, bisogna tener viva l’attenzione su questo tema, perché se ne parli, se ne discuta e se ne comprendano le implicazioni. In fin dei conti, le città non sono meri palazzi incoronati dal tempo o grattacieli e fabbriche: le città sono prima di tutto comunità e la comunità si fa nei luoghi di aggregazione sociale.

Filippo Frisinghelli

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