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Salute mentale: è un argomento taboo?

Avete presente Taboo? Taboo è un gioco di società che mette alla prova la nostra flessibilità, le nostre capacità inibitorie e la nostra creatività. Lo scopo del gioco è quello di far indovinare alla propria squadra una parola, senza però pronunciare una delle cosiddette “parole taboo”, un elenco di sinonimi correlati alla parola in questione che – per vincere – non possono essere pronunciati. 

Questo “non dire”, se nel gioco è la chiave giusta per arrivare alla vittoria, nella vita reale viene messo in pratica quando ci si confronta con tematiche considerate “difficili” o “scomode”. Qualcosa che talvolta si preferisce “nascondere” o “ignorare”, ma che sarebbe meglio considerare.

Ci sono diversi argomenti considerati “taboo”, che si trascinano da diverso tempo e possono essere mantenuti dalla società, quella stessa società che può unire, aiutare, tutelare, ma può anche dividere o stigmatizzare. La salute mentale è uno tra i molti argomenti che per molti anni è stato considerato taboo.

La salute mentale è definita dall’Organizzazione mondiale della sanità come uno stato di benessere in cui l’individuo riesce a sviluppare le proprie abilità, reagire alle situazioni stressanti e agire in modo efficace apportando un contributo alla propria comunità. La European Psychiatric Association, inoltre, propone di includere nella definizione di salute mentale anche il concetto di equilibrio interno, caratteristica, questa, che permette all’individuo di utilizzare le proprie abilità e competenze in armonia con i valori della società.  

Ma queste tematiche, in caso di malessere o disequilibrio, come si collocano nella nostra società? Sono “nascoste”? Sono “ignorate”? O ricevono lo spazio che meritano? 

La rivista online Lancet Global Health ha pubblicato uno studio dove sono stimati gli investimenti di alcuni Paesi nel campo della salute mentale. La ricerca ha evidenziato come, in media, i governi spendano per la salute mentale solo il 2% del budget complessivo destinato alla salute e come lo sviluppo di pratiche per la tutela della salute mentale sia minima rispetto ad altri ambiti, quasi si trattasse di una questione di secondaria importanza. “Quando si parla di salute mentale”, afferma lo studio, “tutti i paesi devono essere considerati come paesi in via di sviluppo”. 

La salute mentale, almeno per ora, non sembra essere una priorità, anche se negli ultimi tempi si è cominciato ad assistere a qualche cambiamento. 

La recente crisi pandemica ha sollevato su larga scala difficoltà, sofferenza, paure. Sensazioni latenti, spesso ignorate o sconosciute, che negli ultimi tempi hanno cominciato ad affiorare nella vita di molti. Un disequilibrio, tornando alla definizione, che emerge imponente e inizia a reclamare la propria esistenza e il proprio spazio. 

Una recente indagine realizzata dall’Autorità Garante per l’Infanzia e l’Adolescenza e l’Istituto Superiore di Sanità (ISS), ad esempio, ha portato i risultati di un tavolo di lavoro condiviso tra professionisti della salute mentale di diverse regioni per indagare lo stato psicologico delle persone di minore età. 

Questo lavoro ha segnalato l’aumento di alcuni disturbi tra i giovani, tra cui disturbi del comportamento alimentare, ideazione suicidaria, episodi di autolesionismo, alterazioni del ritmo sonno-veglia e ritiro sociale. I professionisti hanno evidenziato soprattutto slatentizzazione, quindi la rivelazione di difficoltà che fino a quel momento non erano osservabili, e peggioramento di disturbi già presenti in bambini e ragazzi, ma anche esordi di nuovi disturbi, soprattutto in quei soggetti dove già in passato si riscontrava vulnerabilità.

Da questa indagine, che pone l’accento sulla presenza di difficoltà, emerge anche un aspetto positivo: molti giovani, complice la maggior attenzione rivolta a queste problematiche, sembrano chiedere aiuto più facilmente all’insorgere di qualche forma di disagio. 

La pandemia sembra aver portato a una maggiore condivisione di queste tematiche e ha contribuito a porre una maggiore attenzione alla questione del benessere psicologico. Inoltre, lo spiraglio di apertura riservato dall’opinione pubblica nei confronti della salute mentale sembra emergere anche dall’introduzione di alcune iniziative nazionali e governative (come il cosiddetto bonus psicologo) che seppur di non facile attuazione, puntano i riflettori nel posto giusto.  

Anche il Trentino, come il resto d’Italia e del mondo, sta facendo i conti con il tema della salute mentale. In una recente intervista del Dolomiti la responsabile del centro di salute mentale di Trento, la dottoressa Di Napoli, ha risposto ad  alcune domande sulla relazione tra il primo posto di Trento nella classifica delle città dove si vive meglio in Italia e la situazione della salute mentale. È emerso che, seppur vi sia attenzione al benessere della comunità, anche nella nostra provincia la salute mentale venga spesso considerata una questione taboo. 

Come afferma la dottoressa Di Napoli bisogna cercare di abbattere lo stigma e parlare di salute mentale e malessere in modo corretto e informativo, rimanendo aperti al confronto ed evitando tutti quegli aspetti sensazionalistici e semplicistici che nei casi di cronaca portano alla ricerca spasmodica di cause e colpevoli. Un altro aspetto importante è quello della prevenzione, che deve essere portata avanti attraverso percorsi di sensibilizzazione, informazione, educazione alla comunicazione ed acquisizione di un lessico emotivo, aiutando le persone ad essere consapevoli e a prendersi cura della propria interiorità. 

La salute mentale rappresenta un aspetto fondamentale della nostra vita, a cui spesso non viene riservato lo spazio che merita. In ogni caso, ci sono stati dei passi avanti che piano piano stanno contribuendo a riconoscerne l’importanza e a farle perdere quell’aura di taboo che l’ha caratterizzata per molto tempo. 

La strada, però, è ancora molto lunga. Forse, un nuovo modo per percorrerla può essere proprio quello che nelle regole del gioco ti porta a perdere: parlare delle “parole taboo”.

Arianna Cavagna

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