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Il lato oscuro della sostenibilità

 La sostenibilità è un percorso ambizioso da intraprendere ma talvolta può portare con sé e celare una delle più grandi minacce per consumatori e aziende: il greenwashing. Ci vorrebbe un’enciclopedia intera per poter capire tutte le sfaccettature e le dinamiche legate al fenomeno, ma con delle poche accuratezze si può cercare di scoprirlo, arginarlo e prevenirlo. 

La sostenibilità è al giorno d’oggi uno dei “valori” più nobili che si possano perseguire considerando tutte le sfide ambientali, sociali ed economiche che ci aspettano nel prossimo futuro; non solo nell’arco di pochi anni ma nel giro di pochi mesi.

Fortunatamente anche i dati estrapolati da alcune ricerche dimostrano che i consumatori e le consumatrici stanno diventando sempre più attenti e attente a cosa ripongono nel carrello della spesa e stanno cominciando ad interrogarsi maggiormente su come vengono prodotti i beni che acquistano. 

Per citarne una, i risultati dell’indagine di EY Future Consumer Index dimostrano che sette italiani su dieci chiedono alle aziende di prestare maggiore attenzione all’impatto sociale e ambientale che esse generano. Sempre da questo studio è emerso che gli italiani sono tra i più attenti alla sostenibilità: il 74% pone attenzione all’impatto ambientale dei propri acquisti ma il 63% è scoraggiato dalla pubblicità e da azioni di marketing ingannevoli.

Questa operazione mistificatoria ha un nome: greenwashing (letteralmente “il lavaggio del verde”); ovvero l’atto di ingannare i consumatori sulle pratiche ambientali di un’azienda (greenwashing a livello di impresa) o sui benefici ambientali di un prodotto o servizio (greenwashing a livello di prodotto). 

Tenendo in considerazione quindi le nuove tendenze e abitudini di consumo, le aziende che promuovono questo ecologismo di facciata, lo fanno solamente con lo scopo di attirare nuovi consumatori, ampliare il target di clientela e cercare di aumentare il proprio fatturato. Quindi, se un consumatore, in buona fede, compra un prodotto non green ma venduto come tale, possiamo affermare che l’azienda promotrice è riuscita nel suo intento. 

Ora, però, come posso, io consumatore e consumatrice abituale, evitare di cadere nella trappola del greenwashing e riconoscere le aziende che lo mettono in pratica? Armatevi della lente da investigatore e prendetevi un momento per controllare le certificazioni ambientali, quali ad esempio Ecolabel ed EMAS per citarne alcune. 

Infine, in presenza di loghi ed etichette specifiche, informatevi sui loro criteri di assegnazione (ovviamente facendo una verifica approfondita sulla credibilità di queste certificazioni e, in particolar modo, sulla società che le ha rilasciate); informatevi sulla reale sostenibilità dell’azienda prendendo informazioni da fonti attendibili e, ultimo ma non meno importante, non lasciatevi ingannare da colori (verde per eccellenza) e dagli spot. 

Andate oltre, sempre.

E se l’azienda viene scoperta? Il greenwashing può provocare una caduta d’immagine con un pericoloso effetto boomerang per l’azienda promotrice. Quindi un’azienda che vuole intraprendere un percorso di sostenibilità al suo interno dovrebbe, prima di pubblicizzare il suo impegno in ottica di sostenibilità, esserlo e saperlo dimostrare con fatti e dati. 

Le azioni, d’altronde, valgono di più delle parole. Persino la redazione di un bilancio di sostenibilità non veritiero ha conseguenze che vanno ben oltre la mera caduta d’immagine dell’azienda: la dichiarazione del falso ha rilevanza penale. L’aumento vertiginoso dell’incidenza del greenwashing può avere effetti profondamente negativi sulla fiducia dei consumatori e degli investitori nei prodotti verdi. Mitigare il greenwashing è particolarmente impegnativo in un contesto di regolamentazione limitata e incerta.

Cercare di essere sostenibili sia dal lato aziendale che dal lato consumatore è un atto nobile e ambizioso ma ci sono delle dinamiche che sfuggono e sono talvolta impercettibili. In ogni caso ci sono anche aziende che non vogliono solamente mostrare questo ambientalismo di facciata ma vogliono seriamente impegnarsi nel percorso di sostenibilità. 

Questi tipi di aziende devono iniziare il loro percorso partendo da azioni piccole e concrete ed essere contemporaneamente il più trasparenti possibile avendo sempre con sé i dati alla mano. Quindi anche un’azienda che vuole intraprendere un percorso di sostenibilità non dovrebbe partire dall’immagine del green ma mettere in atto una serie di azioni possibili per la sua determinata realtà ponendosi al contempo obiettivi sempre più ambiziosi.

Dato che il mondo del greenwashing è troppo complicato, quale può essere la regola madre che le aziende e i consumatori devono tenere a mente? La consapevolezza e la curiosità sono necessarie per porsi le domande giuste e cercare le risposte per capire come produrre e come acquistare. 

Eliminare il pilota automatico significa compiere il primo passo per entrare in questo circolo virtuoso nel lungo e insidioso cammino della sostenibilità. 

Ilaria Galli

© Riproduzione riservata

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