Economia e Politica Sociologia

Emergenza abitativa: tra carità e diritto

L’impossibilità di potersi garantire un’abitazione dignitosa è un problema che affligge circa 1,47 milioni di famiglie italiane. Analizzando i dati forniti dall’Istituto di Statistica della Provincia Autonoma di Trento, anche in Trentino l’emergenza abitativa è diffusa a macchia d’olio: il 33,3% delle famiglie vive in abitazioni sovraffollate, il 7,9% spende più del 40% del proprio bilancio per spese legate all’abitazione e il 46% dei trentini di età compresa tra i 25 e i 35 anni vive ancora con i genitori.

Un problema di povertà ed esclusione sociale che riguarda tutti

Nonostante a molti possa sembrare una questione che interessa solo una piccola parte di popolazione, in realtà, la crisi abitativa incide sulla vita di ciascun cittadino e sulla salubrità del nostro territorio.

Infatti, come riportato dall’Osservatorio nazionale sulle politiche abitative e di rigenerazione urbana nel documento Rilanciare le politiche pubbliche per l’abitare, l’emergenza abitativa non coinvolge solo persone e nuclei familiari tradizionalmente considerati più vulnerabili. A causa della carenza e della cattiva qualità dei servizi essenziali disponibili, dell’aumento del costo della vita e del calo degli affitti a scopo residenziale a fronte di un aumento di quelli turistici brevi, la crisi tocca in misura crescente fasce di popolazione che non possono accedere a case dignitose, salubri ed economicamente sostenibili.

Con riguardo alla questione salariale, rileva quanto evidenziato dal primo rapporto sulle attività annuali dello Sportello Casa per Tutt*: le persone residenti in Provincia che guadagnano meno di 15.000 euro l’anno sono 150 mila. Di queste, 48 mila hanno un ISEE tra i 5 e i 10.000 euro, mentre 55 mila guadagnano meno di 5.000 euro l’anno.

Su un altro fronte, invece, sono sempre più problematiche le conseguenze delle spesso incontrollate locazioni turistiche brevi che non solo alimentano la crisi, ma, incentivando il turismo di massa e condizionando fortemente la qualità dell’offerta alberghiera, arrecano gravi danni al territorio in termini economici, ambientali e culturali.

Emergenza abitativa: denuncia e azioni

Come racconta Tommaso Baldo, portavoce dello Sportello Casa per Tutt*, l’obiettivo dell’organizzazione è quello di monitorare l’emergenza abitativa in Trentino e, in assenza di un efficace coordinamento tra istituzioni, strutture e associazioni, sostenere in concreto coloro che si trovano in condizione di precarietà abitativa. 

Nei casi di specie si tratta di singoli e famiglie quasi tutte composte da lavoratori e lavoratrici con un contratto a tempo indeterminato, al 92% cittadini italiani, con minori a carico e, in alcuni casi, con persone disabili. I nuclei si sono rivolti allo Sportello sia per denunciare condizioni di inadeguatezza abitativa dovute al sovraffollamento o all’insalubrità degli appartamenti, sia per chiedere aiuto nei casi di sfratto da alloggi privati o ITEA.

L’organizzazione vuole così evidenziare la rigida e decontestualizzata interpretazione della Legge provinciale n.15 del 2005, in applicazione della quale vengono anche eseguiti gli sfratti contro singoli e famiglie dall’edilizia pubblica. Questi sono spesso determinati dalla scadenza del contratto di locazione d’urgenza, stipulato nell’attesa che venga assegnato stabilmente un alloggio. Lo stesso trattamento subiscono coloro che hanno sforato, anche di pochi decimali, il massimale ICEF consentito per il mantenimento dell’abitazione. Il tutto avviene in un assurdo contesto: oggi ITEA possiede oltre 1.000 alloggi vuoti che negli ultimi 5 anni sono cresciuti di circa 400 unità perché, nonostante nel 2022 abbia aumentato le ristrutturazioni del 54%, la società riesce a manutenere meno abitazioni di quante ne vengano restituite.

Insieme a tante altre organizzazioni lo Sportello promuove azioni volte ad individuare soluzioni pratiche al problema. Meritevole di menzione è il progetto LocAzione realizzato da Atas Onlus in collaborazione con altre associazioni e soggetti privati con l’obiettivo di incrementare la disponibilità di alloggi in affitto sul mercato privato e garantire una maggiore accessibilità alla casa, sostenendo al contempo i proprietari, stanchi delle costose mediazioni con gli inquilini morosi.

La questione è arrivata anche in Consiglio Provinciale. Grazie all’attenzione del consigliere Paolo Zanella, nella seduta di Consiglio del 27 luglio 2023 convocata per l’approvazione dell’assestamento di bilancio, è stata accolta la proposta di blocco degli sfratti dagli alloggi ITEA a canone sostenibile.

Ripartire dal diritto all’abitare

La decisione dello Sportello di opporsi a qualunque sfratto che non preveda alternative dignitose e capaci di garantire l’unità del nucleo familiare non solo risulta coerente con interpretazioni costituzionalmente orientate dei principi fondanti un ordinamento democratico, ma porta a riflettere sul ruolo centrale e, quindi, sulla responsabilità delle istituzioni e dei cittadini riguardo all’emergenza abitativa.

L’art. 41 della nostra Carta Fondamentale stabilisce infatti che l’iniziativa economica privata sia sì libera, ma che non possa svolgersi “in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”. Alla luce degli allarmanti dati sulla nostra Provincia, urge riflettere sulla promozione di politiche che, attraverso una serie di aiuti, supporti e garanzie, incentivino i locatori ad affittare a canoni controllati gli alloggi. Questo porrebbe un limite al guadagno incontrollato di privati che con il loro agire non contribuiscono alla creazione di posti di lavoro, alla valorizzazione del territorio e all’arricchimento sociale.

Allo stesso tempo pare necessario soffermarsi sui processi che sottendono il funzionamento dell’edilizia pubblica che, come ricorda Baldo, non può essere considerata una mera concessione caritatevole da parte di chi detiene il potere. Considerare l’abitare quale atto di carità significherebbe infatti imporre, a chi riceve l’opera di bene, uno stato di sudditanza che, generando incertezza e umiliazione, non può condurre ad altro se non ad una crisi del welfare.

Riconoscere invece che la casa è un diritto fondamentale dell’individuo significa poter mettere in discussione il privilegio di chi può arricchirsi sulla pelle degli altri svendendo il territorio, contrastare le disuguaglianze attraverso risposte differenziate e adeguate alle situazioni di bisogno, diffondere i valori del rispetto e della cura dei beni condivisi e, così, promuovere la crescita di una società nel suo insieme.

Assia Zoller

© Riproduzione riservata

Della stessa autrice: L’impatto dell’analisi dei dati sulla transizione ecologica, Interruzione volontaria di gravidanza: tra diritto e delitto, Alla ricerca della Salute perduta: oltre il referendum per il distretto biologico

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