La gestione idrica è tornata in primissimo piano sia per la lunga siccità appena passata sia per gli eventi precipitatori di eccezionale intensità. Qui basterà ricordare l’alluvione abbattutasi sull’Emilia Romagna e, per stare in ambito locale, l’eccezionale grandinata a Torbole.
La gestione della risorsa idrica è un aspetto fondamentale del vivere umano, non solo da un punto di vista “meramente” alimentare, ma anche per l’impatto che ha sulla sostenibilità ambientale e sociale.
Eppure, la capacità di gestire risorse e fenomeni naturali talvolta non è sufficiente. È necessaria altresì una certa propensione all’adattamento, di cui certo non si può dire sia carente la storia delle civiltà umane.
Capacità di adattamento
Adattarsi – secondo la Treccani – ha, tra gli altri, il significato di “assuefarsi o conformarsi (biologicamente o spiritualmente) a determinate condizioni dell’ambiente, della vita, della realtà, riducendo via via le proprie reazioni o resistenze a tali condizioni“.
Ciò premesso, gestione idrica e adattamento appaiono pure al centro del Piano di tutela delle acque per il sessennio 2022-2027 della Provincia Autonoma di Trento (consultabile qui).
Questo piano si struttura di due documenti di sintesi, due rapporti ambientali e ben tredici allegati. Sulla base di essi, si potrebbe dire che il modus operandi adottato per la redazione del piano prevede tre fasi.
La prima – che è la più consistente – riguarda l’analisi del territorio e delle risorse idriche, anche a livello economico; la seconda attiene alla ricezione di normative e direttive di livello nazionale; infine, la terza e ultima – esclusa la sintesi finale – riguarda le strategie di adattamento necessarie a far fronte ai cambiamenti climatici in atto, cui è dedicato l’intero allegato M.
Da quanto lì riportato, si evince che l’adattamento parte dalla consapevolezza dell’esistenza del problema. Poi, si individuano i suoi prevedibili sviluppi futuri e l’impatto che questi potrebbero avere su ambiente, economia e società.
Quindi, seguono delle strategie di adattamento, che dovrebbero in concreto permettere di reagire ai cambiamenti già in essere, limitandone al massimo gli effetti negativi.
Adattamento (anche) nella gestione idrica
Così, per esempio, si annoverano misure di carattere normativo a tutela del patrimonio idrico, maggior monitoraggio della risorsa idrica del territorio, nuovi modelli di gestione idrica in relazione agli eventi di variazione di portata, rafforzamento dell’integrità ecologica degli ambienti acquatici, investimenti per impianti ad alta efficienza nell’irrigazione, incremento del sistema idroelettrico e aumento della consapevolezza su questi temi nella popolazione.
Infine, non resta che rilevare che gli interventi a monte del cambiamento climatico continuano a essere necessari e di fondamentale importanza. Tuttavia, quelli a valle, tra i quali spicca l’adattamento a situazioni nuove e ormai irreversibili, rivestono un’altrettanta spiccata rilevanza. Elasticità mentale, fantasia e immaginazione permettono al genere umano non solo di sopravvivere nel corso del tempo, ma anche di migliorare le proprie condizioni materiali di vita.
Il diritto romano ne ha già offerto un esempio. Infatti, in età repubblicana il possessore di un fondo verso il quale venivano defluite le acque dagli altri fondi, trovava tutela giudiziaria attraverso il rimedio della cosiddetta actio aquae pluviae arcendae. Invero, in un contesto di applicazione costituito prevalentemente dal territorio italiano peninsulare e caratterizzato da un clima mite e umido, l’eccesso di acqua poteva costituire un serio problema.
In età tardo imperiale, invece, mutato contesto territoriale di vigenza del diritto romano, che riguardava anche zone climatiche secche e desertiche, lo stesso rimedio giudiziario fu concesso anche a quel possessore dal cui fondo le acque venivano sottratte.
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