Ecologia Economia e Politica Esteri

Green Deal Europeo: la Bosnia-Erzegovina stretta tra Est e Ovest

Il Sud-Est Europa è tra le regioni più inquinate del nostro continente. Tra le cause, la mancanza di una rete efficiente di trasporto pubblico – soprattutto su rotaia – e l’elevato consumo di carbone. Per esempio, secondo i dati della Foreign Investment Promotion Agency of Bosnia-Erzegovina, più del 60% dell’elettricità consumata nel paese è prodotta in impianti alimentati a carbone.

Nel quadro dell’European Green Deal della Commissione Europea, per i Balcani Occidentali è stata pensata una Green Agenda ad hoc, che si articola in cinque punti: de-carbonizzazione, economia circolare, riduzione dei livelli di inquinamento, promozione della sostenibilità e della biodiversità. In quest’ottica, è stata firmata nel 2020 la Dichiarazione di Sofia, con la quale i paesi coinvolti si sono vincolati ad una de-carbonizzazione totale entro il 2050.

Per sostenere il raggiungimento degli obiettivi della Green Agenda, tra il 2021 e il 2022 la Commissione Europea ha investito 730 milioni di euro. Il tema nodale riguarda la gestione di queste risorse economiche e l’influenza che potenti attori stranieri pubblici e privati esercitano nella regione, a discapito dei cittadini.

Est

Da un canto vi sono gli interessi di Cina e Russia, che nella regione detengono innumerevoli attività nel settore energetico. Basti pensare alla Kostolac B3, la centrale elettrica a carbone che sarà operativa per la fine del 2023 in Serbia. L’impianto è stato finanziato dalla statale China Eximbank e dovrebbe consumare circa 12 milioni di tonnellate di carbone all’anno. Una direzione molto diversa da quella auspicata a Sofia. D’altra parte, Mosca esercita una fortissima influenza energetica in Serbia, Macedonia del Nord e Bosnia-Erzegovina, dove fornisce il 100% del gas e detiene il controllo di molte aziende strategiche nella distribuzione.

Inoltre, compagnie di proprietà statale cinese e russa, grazie ad un attento greenwashing, hanno assunto la gestione di impianti di riciclaggio e gestione rifiuti nella regione. Come evidenzia Allison Callagher, analista di Carnegie Europe ed esperta di Balcani, i finanziamenti mobilitati dall’UE per la trasformazione verde della regione potrebbero finire alle imprese statali russe e cinesi. Un tale risultato può migliorare le condizioni ambientali, ma difficilmente soddisfa i più ampi imperativi strategici dell’UE per la regione. Perciò, secondo l’analista, la Commissione Europea sarebbe negligente se chiudesse un occhio sulle implicazioni geopolitiche della Green Agenda.

Ovest

L’altra faccia della de-carbonizzazione è data dalla costruzione incontrollata di impianti idroelettrici. Specialmente in Bosnia-Erzegovina, i cittadini si battono per la conservazione degli ambienti circostanti i corsi d’acqua, danneggiati dagli impianti. Un esempio attuale è il caso del fiume Kasindolska, a circa 20 km a sud di Sarajevo, dove BUK d.o.o – una società bosniaca di cui la società belga Green Invest è azionista – gestisce una piccola centrale idroelettrica e prevede di costruirne altre due.

A partire dal 2017, due attiviste bosniache hanno espresso preoccupazione per la deforestazione e l’erosione del suolo causate dalla costruzione della prima centrale. In risposta, Green Invest/BUK d.o.o ha intentato tre cause per diffamazione con cui ha chiesto un risarcimento di 7.500 euro. Secondo alcune ONG, queste sarebbero azioni legali strategiche contro la partecipazione pubblica (SLAPP, Strategic Lawsuit Against Public Participation) che vengono sempre più utilizzate da politici e aziende per censurare ed intimidire gli attivisti ambientali nella regione.

Esprimendo forte preoccupazione per la vicenda, centoquaranta organizzazioni della Bosnia-Erzegovina, dell’Europa e degli Stati Uniti hanno firmato e inviato una lettera aperta ai rappresentanti diplomatici del Belgio e al capo della delegazione dell’UE a Sarajevo. Secondo la lettera, l’impianto di Green Invest/BUK d.o.o. funziona senza i necessari permessi e realizza “un profitto significativo a spese del fiume e delle comunità che vivono accanto ad esso”. Inoltre, la lettera esorta la delegazione dell’UE ad incoraggiare la società ad abbandonare le SLAPP ed impegnarsi in modo costruttivo con la comunità interessata.

Per i consumatori: Green Agenda e comunità energetiche

Secondo un report della Fondazione Heinrich Böll, il cuore del problema sarebbe lo squilibrio nell’erogazione degli incentivi statali per chi investe in energia verde. Se la ratio delle leggi sarebbe di coinvolgere molti piccoli produttori di energia, l’assegnazione delle quote predilige le grandi multinazionali che finiscono per farsi interamente carico della produzione energetica. La torta degli incentivi è divisa solamente tra i grandi attori, ed in particolare quelli che dispongono agganci nel mondo politico, alimentando un gioco di reciproci favori a discapito dei cittadini.

Emendando le leggi sulla tutela ambientale, si potrebbe dare centralità al concetto di “energy community”. Una comunità energetica riunisce utenti e produttori di energia su piccola scala a livello locale per influenzare lo sviluppo del sistema energetico in maniera meno impattante. Ciò può avvenire, ad esempio, attraverso sgravi fiscali per l’installazione di pannelli fotovoltaici. Questa strada gioverebbe alla comunità interessata, escludendo i giganti di Est ed Ovest.

Leonardo Torelli

© Riproduzione riservata

Condividi se ti è piaciuto:

Similar Posts