La libreria di passaggio

Le sere

Ci sono libri che in altri Paesi sono considerati classici assoluti ma che in Italia sono a malapena stati pubblicati e sono, ahimè, caduti nel dimenticatoio, complice anche la difficile reperibilità di qualsiasi libro non sia di super recente pubblicazione. Succede maggiormente – guarda un po’ – a romanzi la cui lingua originale non è l’inglese, e non è detto che debbano provenire da chissà quale sperduta nazione dell’Oceania. Quello capitato sugli scaffali della libreria di passaggio questo mese, ad esempio, viene dai Paesi Bassi.

Il titolo del romanzo in questione è Le sere e l’autore è Gerard Reve. Immaginiamo che non l’abbiate mai sentito nominare, eppure in patria il buon Reve è considerato uno dei massimi esponenti della letteratura in lingua nederlandese del Novecento. Per intenderci, un Italo Calvino o un Cesare Pavese dei Paesi Bassi, ma molto più esplosivo.

Reve, infatti, era uno scrittore dalla personalità non facile, incline alla provocazione, e di conseguenza un autore di rottura con il passato. Quest’opera, pubblicata nel 1947, è apparsa sugli scaffali delle librerie italiane grazie alla casa editrice Iperborea nel “lontano” 2018. Purtroppo ad oggi il romanzo risulta esaurito e non reperibile se non sul mercato dell’usato o attraverso le poche librerie che ne hanno conservato una copia tra i propri fondi di magazzino.

L’anno di pubblicazione non è un anno qualunque: la storia infatti è ambientata nel dicembre 1946, nei giorni che intercorrono tra Natale e Capodanno, soltanto un anno e mezzo dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, che per i Paesi Bassi ha significato cinque anni di occupazione nazista e una delle percentuali di decessi più alte di tutto il conflitto. Potete quindi ben immaginare quale atmosfera si respiri tra queste pagine… o forse no, perché questo libro è tutto tranne ciò che ci si aspetterebbe.

Difficile dire davvero di cosa parli Le sere perché la trama è sfuggente. Protagonista assoluto è Frits, giovane poco più che ventenne dalla peculiare personalità. Novello Giovane Holden ma con qualche annetto in più, si aggira per le strade di Amsterdam senza un vero scopo, riempiendo le proprie giornate di incontri e chiacchiere per non sentire il tempo che passa e l’assoluta mancanza di utilità e senso attraverso cui si trascina.

Frits ha un carattere difficile, è egoista ed egocentrico, dà sfoggio di un certo narcisismo, tende a parlare a sproposito e a fare battute di cattivo gusto, ma soprattutto è ossessionato dalla morte, dall’invecchiamento e dal passare del tempo. Il tema del tempo che passa è centrale in quest’opera e nei pensieri del suo protagonista: si manifesta nella sua ricorrente preoccupazione per l’incipiente calvizie di praticamente tutti gli uomini che frequenta, ma anche nell’ansiogeno controllo dell’orologio, nello scandire le ore che passano giorno dopo giorno, nella consapevolezza che ogni volta una nuova manciata di minuti sarà scivolata via per non tornare mai più.

Frits inoltre parla e pensa in continuazione, ma ciò che esce dalle sue labbra sono per lo più sciocchezze, banalità, storielle inventate sul momento per riempire il vuoto, il silenzio. Si percepisce quasi subito, infatti, quanto tutto il suo sforzo di mantenere sempre la mente attiva, in un persistente soliloquio, si concentri soltanto su frivolezze, al fine di non pensare “davvero”: si avverte chiaramente come Frits sia in verità terrorizzato che qualche riflessione più vera, più profonda, possa approfittare di un attimo di pace o di disattenzione per emergere dalla sua psiche, mettendolo nella pericolosa condizione di doversi fermare ad ascoltare le proprie emozioni, ciò che si agita nell’intimità della sua anima.

È fuori di dubbio che Frits non stia bene, non sia sereno né tantomeno felice, e questo non riguarda soltanto lui ma anche tutti gli altri personaggi all’interno di questa storia. La guerra è qualcosa di cui non si parla mai direttamente, approfonditamente, ma si respira ovunque e stende la sua ombra su tutto ciò che accade: è il metaforico elefante nella stanza di tutto il romanzo.

Ognuno a suo modo porta i segni degli anni passati nel mezzo del conflitto, che sia una ferita o una malattia, la povertà in cui versano quasi tutti i giovani o comportamenti di chiara natura post-traumatica. Ciononostante ci troviamo di fronte al tentativo collettivo di negare la guerra, di fare finta che il conflitto non sia mai avvenuto. Ciò che dolorosamente Reve ritrae è la ricerca disperata di un ritorno alla normalità e il lettore non può che chiedersi se tale impresa sia possibile per davvero.

È un’analisi assai dura, nella sua apparente spensieratezza, quella dell’autore, che si rivela purtroppo ancora e sempre tristemente rilevante per la contemporaneità. A volte tendiamo a dimenticare che la tragedia della guerra non è “soltanto” lo scontro armato in sé, i morti e i feriti, la paura e la distruzione causata dalle bombe.

La seconda fase di questa tragedia inizia nel momento in cui le persone che hanno vissuto il conflitto ne escono, in qualche modo ancora vive ma non per questo uguali a prima. Aver vissuto la guerra sulla propria pelle lascia una traccia indelebile, un trauma che colpisce il singolo così come la collettività nel suo insieme e che impiega generazioni a essere rielaborato. In qualche modo non è più facile continuare a vivere la propria vita per chi è sopravvissuto rispetto a chi, purtroppo, è deceduto.

La letteratura in questo ambito propone dozzine di opere di grandissimo spessore, da I sommersi e i salvati di Levi a Mattatoio n.5 di Vonnegut, in un caleidoscopio di esperienze e riflessioni personali che meriterebbero maggior approfondimento di quanto potremmo darne noi ora, su questa pagina, con un solo articolo.

Reve si inserisce perfettamente in questo filone mostrandoci le rovine psicologiche ed emotive della popolazione all’indomani di una guerra che ha visto, nei Paesi Bassi, un altissimo grado di collaborazionismo con l’oppressore e una spietata repressione della resistenza interna. Un padre che riesce a dire, parlando del proprio figlioletto di un anno, che se la casa dovesse bruciare in fondo morirebbe “bene”, perché rimarrebbe soffocato dal fumo e non sentirebbe nulla. Un giovane che scherzosamente, ma forse non del tutto, suggerisce che bisognerebbe sbarazzarsi dei vecchi, perché ormai “inutili e un peso per la società”.

Parole che fanno rabbrividire il lettore, che si chiede come sia possibile tanta freddezza, ma anche una tale mancanza di buon gusto all’indomani delle mostruosità compiute dai nazisti. Eppure è palese che sia stato proprio il conflitto ad operare questa desensibilizzazione nei personaggi, soprattutto nei più giovani: nella maggior parte di essi si può scorgere la perdita di empatia e la distanza emotiva con cui ormai si relazionano al prossimo.

Frits è un personaggio spesso sgradevole, a cui è difficile affezionarsi e con cui si fatica anche a entrare in sintonia, ma allo stesso tempo è impossibile non chiedersi cosa gli sia successo durante la guerra, quando ancora adolescente ha visto la sua patria invasa dai nazisti. Gli incubi che lo tormentano, le lacrime che sgorgano dai suoi occhi nei momenti più impensati, apparentemente senza un motivo, ci fanno capire che qualcosa di indicibile si nasconde nel profondo del suo animo, qualcosa con cui non riesce a venire a patti. E allora persino il suo atteggiamento indisponente, la sua mania di provocazione, inizia a sembrare un urlo di dolore.

Tutto ciò per dire che Le sere una vera e propria trama non ce l’ha, ma non per questo non vale la pena buttarsi in questo viaggio. Accompagnerete Frits nelle sue serate in casa coi genitori, con gli amici, per le strade e nei locali, a bere e a fumare senza pensare a un domani, mentre dentro di voi andrà prendendo corpo la percezione di come tutto abbia perso un senso a causa della guerra, di come il passato abbia rubato alle persone il futuro.

Detto così fa sembrare questo libro tremendamente cupo e deprimente, invece la prosa di Reve è vivace e scorrevole, fluida, ricca di dialoghi che rendono la lettura piacevole e veloce. L’autore ha una capacità straordinaria di rendere le dinamiche familiari, i dettagli che assumono significati enormi; è un grande narratore di gesti e silenzi. Volenti o nolenti vi trascinerà con sé, nelle peripezie perlopiù mentali di Frits, attraverso strani ragionamenti e discussioni sorprendentemente moderne, e arrivati in fondo vi regalerà un momento di tale delicata speranza che non potrete dire di esservene pentiti.

Elena e Manuela

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