La libreria di passaggio

Così si perde la guerra del tempo

La nostra libreria di passaggio è ricolma di libri. Capirete che non è affatto facile scegliere quale libro spinga per essere il prossimo. Tutti, a ben vedere, fremono. Cadono tra le nostre mani, ci si attaccano alle dita e sussurrano nelle nostre orecchie storie di altri tempi e luoghi. Sono tanti, tantissimi. Come scegliere il primo libro da condividere con voi?

Ebbene, scegliamo il più strano che ci sia passato tra le mani ultimamente, quello che più di tutti viaggia in un sobbalzare quasi schizofrenico per il tempo e lo spazio. Sì, avete letto bene, tra il tempo e lo spazio, perché quello di cui vogliamo parlarvi oggi è un romanzo di fantascienza: Così si perde la guerra del tempo di Amal El-Mohtar e Max Gladstone.

Lo sappiamo, un romanzo di genere per molti lettori accaniti è un’eresia. Chi ama la narrativa letteraria spesso alza un sopracciglio di fronte a generi ritenuti più commerciali. Questo libro, però, è talmente strano che non si lascia nemmeno incasellare del tutto.

Il mondo in cui si dipana la vicenda, tanto per iniziare, non è uno ma molti: molte diverse dimensioni parallele, in cui la storia ha preso una piega diversa a partire da questo o quell’evento, magari in apparenza insignificante. L’immagine piuttosto romantica usata nel corso del romanzo è quella delle “ciocche”: come ciocche di capelli che vengono intrecciate le linee temporali si sovrappongono, si toccano, si modificano, a seconda degli interventi esterni. E chi mai potrebbe cambiare gli eventi creando così nuove linee temporali? Chi mai potrebbe, a tutti gli effetti, viaggiare su e giù nel tempo? Non certo esseri umani; piuttosto creature umanoidi, come sono le protagoniste di questa storia. Da una parte c’è Rossa, un essere che potremmo definire androide, che fa parte dell’Agenzia, una distopia tecnologica post singolarità. Dall’altra c’è Blu, un essere organico che appartiene a una sorta di coscienza alveare vegetale che unisce e pervade tutto ciò che è natura. Rossa e Blu sono agenti speciali, rivali in una guerra senza fine tra queste due società opposte che cercano di distruggersi a vicenda. La tecnologia e la natura, si sa, non possono convivere.

Rossa e Blu si conoscono perché sono le migliori nel loro campo. Nessuna delle altre agenti è abile e spietata quanto loro. Più volte nel corso della loro esistenza senza tempo si sfiorano, sabotano l’una i piani dell’altra, cercano di uccidersi a vicenda. Eppure è proprio questa loro bravura a spingerle l’una verso l’altra. Blu è la prima a cercare un contatto, lasciando a Rossa una lettera, da “bruciare prima di leggere”. È l’inizio di una strana corrispondenza, di messaggi incisi nel creato più che sulla carta, lettere che a mano a mano svelano i loro pensieri, i loro sentimenti, e che le spingono a farsi domande, a chiedersi che senso ha ciò che fanno e cosa vogliono davvero dalla propria vita.

Così si perde la guerra del tempo ha vinto sia il premio Nebula sia il premio Hugo come miglior romanzo breve nel 2020. Insomma, ha avuto un buon apprezzamento dalle giurie di due dei più importanti premi per la narrativa fantascientifica; tuttavia è difficile classificarlo come tale in senso classico. Nel romanzo vengono descritti una varietà di mondi possibili del passato e del futuro, pieni di suggestioni e ricchi di un’immaginazione potente e visionaria. Questi, però, sono solo finestre attraverso le quali vediamo muoversi Rossa e Blu, scenari in cui queste due creature si inseguono. A differenza della più tradizionale fantascienza, l’esplorazione di questi universi non costituisce il fulcro del romanzo. Primo consiglio, quindi: se decidete di leggerlo, godetevi le descrizioni e le emozioni che queste vi ispirano, lasciando da parte il desiderio compulsivo di mettere in ordine anche le ambientazioni dei romanzi. Già, perché parecchi lettori si sono rovinati il piacere di questo libricino cercando di estrapolare le regole fisiche che condizionano questi viaggi nel tempo e la logica con cui essi avvengono, tutti dettagli assolutamente irrilevanti nell’economia della storia. È vero, dunque, che questo è un romanzo di fantascienza, ma come i veri romanzi di un certo livello sa trascendere il genere in cui nasce per indagare tematiche molto più universali.

Anche nella struttura questo libro si distingue: a brevissimi capitoli narrati a turno dal punto di vista di una delle due protagoniste si alternano le lettere che si scambiano. Lo stile narrativo poi è complesso, lussureggiante, poetico fin quasi all’eccesso. “La mia prosa s’imporpora”, confida Rossa in una delle lettere, strizzando l’occhio ad un modo di dire inglese (“purple prose”, letteralmente “prosa viola”) che sta proprio a indicare un modo di scrivere eccessivamente ricercato e stravagante, barocco. Insomma, uno stile tutt’altro che adatto ad una storia di spie in guerra tra loro. Ma come non notare, invece, una nota poetica e romantica in questo? Il viola non è forse l’unione di rosso e blu?

Ebbene sì, c’è la storia d’amore. Almeno da un punto di vista superficiale possiamo dire che Rossa e Blu si scambiano lettere d’amore. Omosessuale, per giunta, dettaglio che ha sollevato notevole curiosità e molte polemiche. Ma è davvero omosessuale? Secondo noi qui la questione si fa spinosa. Le due protagoniste usano il femminile per parlare di sé, ma possiamo definirle donne? In fin dei conti non sono nemmeno umane: una è stata coltivata dal Giardino e l’altra è stata programmata nel Cloud; entrambe si incarnano di volta in volta nell’entità senziente del mondo che vogliono modificare. Sono più vicine a semidivinità forse, e vengono da società in cui il genere non pare essere un dettaglio rilevante. Esprimono se stesse con atteggiamenti, gesti e modi che non si possono dire totalmente connotati al femminile, non secondo gli stereotipi di genere imperanti nella società occidentale. Sono spesso ferine, più che umane. Non ha senso parlare di omosessualità in una società immaginaria in cui non c’è reale orientamento sessuale né genere. Per chi ha voluto vedere una mossa pubblicitaria o un’intenzione pruriginosa in questa scelta consigliamo di rileggersi Oscar Wilde: parafrasando, la malizia non è nell’opera, ma negli occhi di chi guarda.

Altra questione di definizione è quella della parola “amore”. Di certo ciò che si legge tra le pagine di questo libro non è ciò che la maggior parte di noi oggi concepisce come “amore”. C’è però quella follia amorosa spesso ricorrente nella letteratura classica. È l’amore di Romeo e Giulietta, l’amore di Dante per Beatrice, l’amore di chi si è intravisto una volta e ha sentito sbocciare dentro di sé emozioni intense e sconvolgenti, capaci di sconvolgerci l’esistenza. È un amore che sopravvive in Paesi in cui uomini e donne non possono frequentarsi, ad esempio, dove le persone non hanno modo di sperimentare i rapporti d’amore né di approfondire la conoscenza di chi suscita il proprio interesse. È naturale che Rossa e Blu si amino così, sarebbe stata impensabile qualsiasi altra forma di sentimento: Rossa e Blu, prima di iniziare questa corrispondenza segreta e proibita, non hanno mai avuto modo di sperimentare alcuna emozione vera. Sono come preadolescenti alle prese con il primo amore ed è un amore difficile e doloroso ma anche grande, perché a unirle c’è una profonda stima, anni di osservazione l’una dell’altra e, particolare non da poco, un’immensa, straziante solitudine. Rossa e Blu sono delle outsider, a loro modo, nel mondo a cui appartengono. Entrambe provengono da menti alveari in cui non esiste privacy, non esistono vite indipendenti, non ci sono bisogni a cui la globalità non assolva. Sono spie addestrate a obbedire agli ordini. Eppure proprio perché sono le più brave, proprio perché sono speciali, Rossa e Blu si sono (o sono state) allontanate dagli altri, dal nucleo centrale di quell’alveare, e quando ci si sente soli e diversi la cosa più naturale e spontanea è cercare qualcun altro come noi. Qualcuno che possa capire. Qualcuno con cui condividere ciò che proviamo. Per questo in tutto l’universo solo Rossa è un punto di attrazione per Blu, solo Rossa può catalizzare i suoi pensieri e le sue emozioni e viceversa.

Di che parla, quindi, Come si perde la guerra del tempo? Ognuno troverà le proprie interpretazioni, ma secondo noi il nucleo è questo: la ricerca di una propria identità in un mondo che annulla ogni differenziazione, in cui tutto è interconnesso e in cui ci muoviamo per lo più dietro a maschere sempre diverse. Anche la storia d’amore, così come l’ambientazione fantascientifica, è finalizzata prima di tutto a questo scopo: è necessario scoprire chi si è e ciò che si desidera davvero prima di fondersi nella persona amata.

Ora penserete che alla fine vi abbiamo raccontato tutto il romanzo, quindi che senso ha leggerlo? E invece no, non vi abbiamo detto quasi niente. C’è tanto, tanto, tanto altro: colpi di scena, qualche sconvolgimento temporale e la giusta suspence. Non vi abbiamo nemmeno fatto intuire come andrà a finire e probabilmente per buona parte della lettura non lo capirete nemmeno voi. Quindi vi consigliamo di dare una chance a questo libricino, sia che siate appassionati di fantascienza e di storie d’amore, sia che non lo siate affatto. Come si perde la guerra del tempo è una lettura interessante, fuori dagli schemi, e in fin dei conti è talmente breve che, se proprio non dovesse piacervi, non lo rimpiangerete poi molto.

Elena e Manuela

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