La libreria di passaggio

Il tempo e l’acqua

Nel corso del mese di aprile si è parlato parecchio, sulle pagine di Lumen, di acqua e del problema che essa può rappresentare, sia che sia presente in eccesso sia che venga a mancare, per le comunità che da essa dipendono. Il 22 aprile, poi, è stata la Giornata Mondiale della Terra, un’occasione per tutti coloro che non lo fanno quotidianamente di fermarsi a riflettere su che strada abbiamo imboccato e quale sarà il futuro che l’umanità ha plasmato per il nostro pianeta. Un giorno in cui persino i telegiornali si ricordano che il cambiamento climatico e il riscaldamento globale sono problemi seri e drammatici, e non “parolacce” da evitare il più possibile per non urtare la sensibilità del pubblico e dei grandi interessi economici internazionali.

Ci è sembrato il momento giusto quindi per ospitare, nella nostra libreria di passaggio, un libro che non è un saggio ma nemmeno un romanzo. Potremmo definirlo un’opera meticcia, che mischia memoir e riflessioni personali con dati scientifici e notizie accuratamente verificate (e riportate in nota con la precisione che ci aspetteremmo da un’opera di saggistica). Un libro che ci ha consigliato caldamente un amico e che crediamo moltissimi di voi già conoscano e abbiano letto in questi anni, ma che ci siamo sentite di proporre in caso qualcuno se lo fosse perso.

L’opera in questione è “Il tempo e l’acqua” di Andri Snær Magnason, pubblicato in Italia da Iperborea, che come tutti sapranno è una casa editrice specializzata in letteratura nordeuropea e che dunque non poteva farsi scappare questo autore islandese di grande fama internazionale.

Andri Snær Magnason è uno scrittore, poeta e drammaturgo che negli ultimi quindici anni si è appassionato alla causa ambientale ed è diventato un divulgatore e poi un attivista, vincendo grazie alle proprie pubblicazioni numerosi premi ma soprattutto attirando l’attenzione pubblica sui problemi legati al cambiamento climatico e in particolare alla recessione dei ghiacciai, in Islanda e nel mondo.

Ne “Il tempo e l’acqua” pesca a piene mani dalla propria vita e dalla storia della propria famiglia per andare a ricostruire la velocità e la drammaticità con cui l’ambiente attorno a noi sta cambiando, nello specifico la sparizione di paesaggi naturali incontaminati e preziosissimi in nome di un miglioramento economico fugace e per l’avidità dell’industria.

Abbiamo trovato l’idea di personalizzare, per così dire, la narrazione del cambiamento climatico attraverso la sua storia familiare interessante e funzionale, poiché riesce a rendere rilevante e raccontabile ciò che altrimenti è così enorme e schiacciante da diventare, utilizzando una metafora dell’autore, semplice brusio di fondo, un buco nero troppo grande perché la nostra mente riesca a razionalizzarlo e interiorizzarlo.

È un problema su cui non ci eravamo mai soffermate, quanto la vastità di un problema complesso come il disastro ambientale che ci troviamo a fronteggiare oggigiorno colpisca la psiche umana con la propria abnorme gravità al punto da paralizzarla, cosicché invece di occuparcene con tutte le nostre forze e il nostro tempo libero la nostra mente la accantona, eclissandola.

Magnason si è sentito in dovere di iniziare a scrivere di cambiamento climatico proprio per questo, perché lui per primo si è trovato in questa situazione di stallo e solo dopo molto tempo si è deciso a prestare la sua penna ad una causa che ha disperatamente bisogno di voci esperte. Questa è una seconda riflessione iniziale che ci ha molto affascinato: spesso ci aspettiamo che siano i tecnici, gli scienziati, a parlare di queste tematiche, poiché loro hanno gli studi e il lavoro svolto in laboratorio a supportarli, o banalmente poiché capiscono a fondo ciò di cui stanno parlando.

In alternativa ci si affida agli attivisti, persone comuni che hanno scelto di dedicare, però, tutto il proprio tempo libero e spesso la propria vita a sostenere una causa che hanno a cuore, che hanno approfondito e fatto propria fino a diventarne degli esperti. Magnason invece trova che per una comunicazione potente bisognerebbe cercare un concerto di forze, in cui esperti, attivisti e narratori si incontrano e collaborano, portando ciascuno la propria esperienza e il proprio talento.

È obiettivamente sciocco pensare che un tecnico abbia un uso consapevole e funzionale della parola e dell’arte retorica, eppure ci si stupisce sempre un po’ quando i divulgatori scientifici digiuni di studi letterari risultano un po’ noiosi, poco incisivi e convincenti nell’esposizione.

Magnason parte, come si è detto, dai ricordi dei suoi nonni e si concentra in particolare sul veloce scioglimento dei ghiacciai di cui l’Islanda è ricca ma che sta di anno in anno perdendo, con gravi ripercussioni sul paesaggio naturale, la fauna e la flora locale. Non si limita però a fornire grandiose e incantevoli descrizioni della sua terra natale, che da sempre riscuote grande successo nell’immaginario del sud dell’Europa.

Dai ghiacciai islandesi si allaccia a quelli dell’Himalaya, da cui non dipendono solo qualche migliaio di persone ma miliardi, essendo la sorgente dei più importanti fiumi che scorrono sia in Cina che in India. Affronta così lo spauracchio di una siccità che porterebbe inevitabilmente a una guerra per il controllo dell’acqua tra due nazioni la cui popolazione costituisce più di un terzo di quella mondiale. Parla quindi delle conseguenze dello scioglimento dei ghiacciai, dell’effetto dell’eccessivo CO2 nell’atmosfera, di innalzamento del livello del mare e di acidificazione delle acque, con gli stravolgimenti che questo porta alla fauna ittica.

Sono tantissimi i problemi di cui si occupa, pur rimanendo per lo più alla centralità dell’acqua e alla necessità di eliminare lo sfruttamento di combustibili fossili e altre forme di produzione di gas serra, come il metano causato dagli allevamenti.

Va detto quindi che ci sono momenti in cui questo libro sa diventare assai tetro, perché il futuro prospettato (ed è un futuro quanto mai prossimo) non lascia molte vie di scampo, almeno per come si sta comportando l’umanità finora, e per quanto ci siano dei momenti di speranza utilizza toni molto duri. Quindi, se da un certo punto di vista può essere un buon primo approccio alla problematica ambientale per chi non ne sa ancora molto, non lo consigliamo particolarmente a chi reagisce male alle profezie poco rosee e alle strigliate sullo stile di vita che conduciamo attualmente.

Ci sentiamo anche di sottolineare come all’interno del libro ci siano alcune scene descrittive di maltrattamenti animali, che potrebbero ferire la sensibilità dei lettori più impressionabili. Se invece questi avvertimenti non vi spaventano ve ne consigliamo la lettura, magari approfittando della sua struttura frammentaria, a capitoli relativamente brevi e indipendenti gli uni dagli altri, per tenerlo sul comodino e leggerlo qualche pagina alla volta, centellinandolo e riservandosi così il tempo di approfodirne le tematiche e rifletterci un po’ sopra.

Segnaliamo anche la presenza di una serie di immagini molto belle all’interno del libro, una selezione di foto di famiglia e foto scattate dall’autore nel corso dei suoi viaggi in giro per il mondo riprodotte in bianco e nero che ben accompagnano e arricchiscono le pagine dell’opera.

C’è molto su cui riflettere, sia per quanto riguarda il mondo in cui viviamo e le sue dinamiche sia sulle nostre scelte quotidiane e le azioni che sono davvero più impattanti sull’ambiente nella nostra vita di tutti i giorni. A noi, personalmente, ha dato molti spunti di discussione casalinga sull’insostenibilità dell’economia odierna, che punta alla crescita indiscriminatamente, come se questa fosse sempre positiva anche quando nel farlo distrugge le fondamenta della nostra sopravvivenza sul pianeta; ci ha fatto riflettere sul modo in cui anche l’ambiente, ormai, è stato monetizzato e la natura ha ragione di essere preservata solo se riusciamo a farla diventare un fonte di guadagno a scopo turistico o scientifico.

Magnason era già molto conosciuto all’estero prima che questo libro fosse tradotto e pubblicato in Italia, nel 2020. Essendo un’opera del 2019 potremmo dire che è già in parte obsoleta, con i riferimenti a un mondo pre-pandemia, in cui Trump era presidente degli Stati Uniti. Le osservazioni che fa però non sono, purtroppo, superate; sono al massimo peggiorate le condizioni di vita sul pianeta, le temperature sono ben al di sopra di quanto si fosse previsto e le conseguenze sulla siccità sono ormai sotto gli occhi di chiunque, anche di chi si è ostinato per anni a ignorare ogni allarme.

L’edizione italiana contiene anche, peraltro, un post-scriptum del 2020, in cui l’autore commenta proprio lo stop forzato della pandemia e ci propone una riflessione su ciò che da quel tempo possiamo aver imparato. Se vi interessa un testo discorsivo e di semplice lettura, da poter consigliare anche a chi non si è mai approcciato a questo genere di tematiche, ma che accenda nell’animo del lettore il giusto campanello d’allarme, non possiamo che consigliarvi “Il tempo e l’acqua”.

Elena e Manuela

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