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Manicheo sarai tu, no sarai tu

Ovvero come solo la gentilezza delle opinioni può aiutare a comprendere il presente.


Cedere al fascino del manicheismo è molto semplice. Ne venne attratto anche Sant’Agostino, l’algerino innamorato di Dio, padre della Chiesa cattolica.

Forse quella forma di manicheismo che si è diffusa nel Novecento, e molto anche ai giorni nostri, è una versione economica, una marca da discount, rispetto all’originale dottrina che non riuscì a diffondersi in Occidente, così come fece in Oriente, a causa della sua raffinatezza e del suo pacifismo.

Due caratteristiche che, per dirlo un po’ fuori dai denti, sono appartenute raramente ai Paesi occidentali, molto più sensibili alle guerre di conquista e alla semplificazione di concetti complessi: il Cristianesimo ne è un esempio lampante. Per il manicheismo il bene e il male esistono come entità separate in un dualismo “perfetto”. L’opposizione di quelle due forze è l’essenza del mondo, tertium non datur.

Manicheismo potrebbe oggi significare il prosperare della cultura del no contro il ?

In effetti i casi si sprecano: No-TAV, no-VAX, no-Armi contro sì-TAV, sì-VAX, sì-Armi. Vincere o perdere. Omo o Etero. Mente o corpo. Occidente o Oriente. Bene o Male. Sostenibilità ambientale o liberi tutti. Molto spesso il tertium non solo non viene capito, ma viene anche stigmatizzato.

D’altra parte è un classico liquidare ciò che non si capisce con un laconico “Non è così”, oppure deviando il discorso su un altro piano, citando a sproposito eventi del passato o esempi poco inerenti al tema. Dove sono finite le 50 sfumature di grigio?  Restano anche loro legate con lacci di cuoio al letto di una stanza d’albergo? 

Non so se capita anche a voi, ma assistere a un dibattito televisivo o a una discussione tra amici spesso sembra fare poca differenza. Non solo gli argomenti che pappagallescamente vengono citati, ma anche la contrapposizione ortodossa, assolutamente escludente, è la stessa.

Per fortuna il linguaggio, pur sempre onorando il principio del terzo escluso che è ritenuto fondamentale nelle enunciazioni, riesce ad aprire spiragli di ombre, di gradazioni. Ed è proprio in quella luce indaco e serale che nasce la preziosità delle opinioni.

Non a caso, gli assiomi devono essere veri, le tesi devono essere o vere o false; mentre le opinioni devono essere raccontate.

Gli assiomi determinano il mondo, le opinioni guidano la vita.

È complesso comprendere la contemporaneità. Così schiacciata tra un passato interpretato e un futuro ignoto. Viviamo in un tempo inquinato dalla nostra stessa vita, è il tempo in cui non vive la chiarezza ma la propaganda, anche quella che fatichiamo a riconoscere. Ecco allora che la morbidezza delle opinioni e la gentilezza del dialogo possono aiutarci a trovare legami con gli altri e a superare lo scontro.

C’è tanto bisogno di gentilezza oggi! Eugenio Borgna, uno dei più grandi psichiatri e pensatori dei nostri tempi, scrive nel libro “L’ascolto gentile” (Einaudi): 

“La gentilezza è accorta nello scegliere le parole, ma sa anche abitare il silenzio e farsi carezza muta per sollevare dalla solitudine chi si sente perso, affaticato, deluso o attraversato dal dolore. La gentilezza elude i clamori e può diventare una specie di basso continuo, capace di disinnescare i conflitti nelle relazioni di tutti i giorni. La gentilezza è discreta. È un antidoto all’indifferenza”.

Il linguaggio gentile è l’incubatore delle opinioni, quelle spontanee, non condizionate dall’ideologia o dall’ignoranza. Gli avverbi forse, magari, anche, sono i connettori che tendono le mani agli altri e che ci mettono in relazione con loro.

Altro che o o no. Ci sono moltissime gradazioni che vanno dal no al sì e che eludono quella versione moderna e degenerata del manicheismo che non cede alle vie di mezzo e che si barrica dietro il muro della coerenza, sotto il baluardo del principio inviolabile.

Ricordo un gioco di quando ero piccolo, si chiamava “Nè sì nè no” e consisteva nel dover rispondere alle domande più disparate con qualsiasi parola che non fosse “sì” o “no”. 

Ecco, forse non dovremmo arrivare a tanto, ma quanto meno recuperare il buon vecchio Hegel che a tesi e antitesi giustapponeva il risultato della lotta tra le due, il superamento dell’una con la conservazione dell’altra: la sintesi.

Emiliano Tomasoni

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