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Venezia, un museo a cielo aperto con milioni di visitatori. Quale sarà il suo destino?

Venezia non è una città come le altre, al posto delle strade ci sono corsi d’acqua e i luoghi di incontro sociale per eccellenza, le piazze, sono i cosiddetti campielli veneziani, raggiungibili attraverso le calli, ossia le vie interne.

A Venezia non si prende l’autobus, bensì il vaporetto. Non c’è la metro e Google maps non funziona quasi mai. Al mondo non esistono altri luoghi come Venezia, essa è unica nella sua diversità.

Tale peculiarità ha indotto molteplici autori, artisti e poeti a scrivere e dipingere le suggestioni che la città lagunare ha suscitato in loro. Le svariate opere ad essa dedicate e il suo patrimonio storico-artistico l’hanno resa metà ambita per secoli, tanto da diventare oggi uno dei luoghi più visitati al mondo.

Ma tale turismo di massa cosa comporta per la città? Quali sono gli effetti sulla popolazione locale e sul suo patrimonio storico-artistico? Interessante a tal proposito è un paragrafo scritto da Salvatore Settis e contenuto nel libro “Se Venezia muore” (2014):

“In tre modi muoiono le città: quando le distrugge un nemico spietato, quando un popolo straniero vi si insedia con la forza, e infine, quando gli abitanti perdono la memoria di sé. Se mai Venezia dovesse morire, non sarà mai per crudeltà di un nemico e né per l’irruzione di un conquistatore. Sarà soprattutto per oblio di se stessa”.

Sulla base di quanto dichiarato da Settis è possibile fare delle considerazioni in merito a coloro che nel centro storico della città ancora ci vivono. Può Venezia, ad oggi, essere considerata un luogo in cui abitare? Ma soprattutto, chi sono gli abitanti di Venezia?

Il capoluogo della regione Veneto è composto da sei comuni e tre macro-aree principali: la città storica, l’estuario e la terraferma. Esso comprende dunque anche Marghera, Mestre ed altre zone come l’aeroporto di Tessera. Ed è proprio in queste aree che è emigrata la maggior parte della popolazione, ovvero, il 70% degli ex-residenti. 

Ogni anno migliaia di veneziani abbandonano la città, gli unici a rimanere sembrano essere i turisti e gli studenti universitari.

Questa drammatica condizione ha spinto Matteo Secchi, un abitante di Venezia, ad installare un vero e proprio countdown nella Farmacia Morelli in campo San Bartolomeo, diventato il testimone dell’inesorabile destino della città, che presto rischia di rimanere senza cittadini.

Un gigantesco fenomeno di spopolamento ha colpito Venezia, e negli ultimi anni è in costante aumento. Dal 1971 al 2021 la popolazione nel centro storico è drasticamente diminuita, passando da 108.426 a 51.000 abitanti.

In parte, l’esodo è dovuto a ragioni demografiche, sia per via del cospicuo calo della popolazione dovuto alle emigrazioni verso la terraferma,  sia per il grave disequilibrio tra le nascite e le morti. Il 31,5 % della popolazione ha più di 65 anni e i decessi superano di gran lunga le nuove nascite e i nuovi arrivi in città.

Affitti e prezzi delle abitazioni inoltre risultano essere troppo elevati, con la conseguente fuga dei locali. Così, mentre la città si svuota, ricchi e famosi sono disposti a pagare cifre smisurate per un appartamento sul Canal Grande da usare per pochi giorni l’anno. 

Per non parlare poi del grave disagio causato dal turismo di massa che ogni giorno invade Venezia: una delle maggiori cause della situazione critica in cui versa la città e, purtroppo, anche la sua principale fonte di reddito.

Ogni anno per le calli e i canali veneziani ci sono circa 8 milioni di turisti, per un totale di 34 milioni di presenze. Per ogni persona che vive stabilmente a Venezia, ci sono circa 600 visitatori, con importanti conseguenze per l’economia e per la demografia.

La Venezia che conosciamo oggi sembra essere capace solamente di concepire bed and breakfast, alloggi affittati via Airbnb, alberghi e ristoranti. Neppure le attuali 2400 strutture ricettive bastano per accogliere i turisti, al punto che la regione Veneto ha previsto di costruirne altre 50.000 nel centro storico. 

Solo lungo il Canal Grande hanno aperto 16 nuovi alberghi per un totale di 797 nuovi posti letto.

Secondo quanto riportato nell’articolo “Abitare in laguna è un atto di resistenza” su  L’Essenziale del 27 novembre 2021, negli ultimi 5 anni i posti letto ad uso turistico sono aumentati del 93,3 %. Si tratta di dati spaventosi che rendono Venezia non più una città da abitare, ma una grande struttura ricettiva in cui soggiornare.

La comunità di Venezia tuttavia non è fatta dai turisti e da coloro che possiedono seconde e terze case, ma da coloro che ogni giorno, seppur colpiti dalla moltitudine di vacanzieri che invade la loro città, decidono comunque di restare.

Svariati progetti sono stati proposti per risollevare Venezia, tutti – credo –  inadatti ad assolvere a questa funzione. Essi infatti comporterebbero la separazione di Venezia dal suo centro storico e la perdita della sua autenticità, della memoria e della storia che da sempre la contraddistinguono.

In particolare ne ricordo qui due: uno è stato presentato alla Biennale del 2010 ed è il progetto Acqualta 2060 | Venice 2.0, esposto dall’architetto belga Julien De Smedt e dal suo studio JDS, Bruxelles-Copenhagen. L’altro prende il nome di Veniceland, la Disneyland della laguna.

Nel primo il team ha proposto la realizzazione di una corolla di grattacieli costruiti su isole artificiali che dovrebbero circondare Venezia per salvare la città dall’acqua alta e proteggerla dalle maree. Si tratta di un’idea del tutto irrazionale, in quanto separerebbe Venezia dal suo contesto storico mediante l’ampliamento della città stessa attorno al suo perimetro, dando vita a due polarità distinte. Il centro storico diventerebbe non un luogo in cui vivere, ma un posto da osservare da lontano.

Il secondo progetto prende il nome di Veniceland, la Disneyland della laguna. Sull’isola di Sacca San Biagio, nel canale della Giudecca, verrebbe allestito un parco a tema dedicato alla storia e alla cultura della città, per ricordare ai visitatori l’epoca in cui Venezia era una potenza economica internazionale.

A quanto pare, pur di non trovare delle soluzioni per il ripopolamento del centro storico che potrebbero salvare la città dal suo triste destino, si è ritenuto maggiormente opportuno costruire un parco di divertimenti con tanto di schermi touchscreen e montagne russe.

Mi sembrano invece particolarmente adatte le soluzioni proposte dall’organizzazione indipendente senza scopo di lucro We are here Venice, contenute nel rapporto pubblicato nel Corriere del Veneto in data 21-07-2020 che si intitola “Ma dopo tutto di chi è la città?”.

Quest’ultimo elenca una serie di valide proposte per assolvere Venezia dalla situazione attuale, tra cui: stabilizzare il mercato degli affitti introducendo incentivi fiscali per quelli a lungo termine, rinforzare le istituzioni locali veneziane, attrarre nuovi residenti, proteggere le attività locali, e ancora, tutelare i servizi essenziali migliorandone le prestazioni.

È con questi strumenti che bisogna agire, senza per forza ricorrere alla costruzione di parchi di divertimento in prossimità della città e tanto meno all’edificazione di una cintura di grattacieli intorno ad essa.

Camminando per le calli di Venezia, ci si accorge subito che la città sta soffrendo. E questo non solo per la moltitudine di turisti che affollano le piccole calli del centro storico, ma anche per via delle molteplici strutture ricettive che caratterizzano l’attacco a terra (piano terra) della maggior parte degli edifici. 

Tra un albergo e l’altro vi sono negozi di souvenir e ristoranti che vendono servizi e merci a prezzi esorbitanti. Emblematica in questo senso è Strada Nuova, la via che dalla Stazione Santa Lucia, conduce direttamente a San Marco. Ogni volta che passeggio lungo questa strada mi chiedo: che fine farà Venezia? È questo il suo triste destino?

I più si accontentano di visitare Venezia in giornata, o di starci al massimo due-tre giorni, per poi poter dire “sono stato a Venezia”. Ma come può un visitatore comprendere la vera essenza della città, se non si è perso almeno una volta nelle sue calli strette, senza sapere dove andare, senza Google maps ad indicare la giusta direzione?

Non basta aver visitato San Marco per poter dire di essere stati a Venezia.

Perché Venezia è molto di più, Venezia è le calle cieca che ti costringe a tornare indietro e ad osservare più attentamente ciò che ti circonda, Venezia è i giardini di Sant’Elena, troppo distanti per essere raggiunti dai turisti, Venezia è il tramonto sulla riva delle Zattere. Venezia è un panino e un bicchiere di vino da Lele, Venezia non è Disneyland.

Eleonora Todeschi

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