La libreria di passaggio

Mrs Caliban

Alle volte la libreria di passaggio fa comparire sui suoi scaffali libri di cui sappiamo ben poco ma che sembrano essere di fondamentale importanza per la letteratura mondiale. Ci mostra così come, per quanto noi possiamo essere accanite, curiose e poliedriche lettrici, c’è sempre qualcosa o qualcuno che dobbiamo assolutamente recuperare, pena il crollo nel pozzo della tristezza e della miseria per il senso di colpa che tale manchevolezza scatena in noi. La vita del lettore e della lettrice è, in fin dei conti, una corsa contro il tempo. Per citare, si dice, Frank Zappa: “così tanti libri, così poco tempo.”

Mrs Caliban di Rachel Ingalls, il libro di cui vi vogliamo parlare, è stato definito dal British Book Marketing Council come “uno dei venti romanzi americani più importanti del Dopoguerra”… ma forse ci fidiamo di più dei consigli di Ursula K. Le Guin o di Joyce Carol Oates, che ne colgono la malinconia e l’andamento da thriller psicologico. Il libro è stato pubblicato nel 1982, ma potrebbe tranquillamente essere stato scritto vent’anni prima, vent’anni dopo o, temiamo, persino nel futuro. Questo perché in fondo racconta la storia di una donna che, bloccata nel tranquillo meccanismo alienante del quotidiano, finisce per provare la fuga più borghese possibile (l’avventura con uno sconosciuto incontrato per caso) e ne rimane schiacciata.

Cosa fa però di questa storia dopotutto già sentita, da Madame Bovary in poi, uno di quei libri che meritano di essere letti? 

Innanzitutto l’elemento alieno. Nella più classica della provincia americana, quella che tanta cinematografia ci ha regalato, con le casette a due piani tutte uguali, la macchina nel vialetto, la cucina che dà sul cortile interno, la casalinga che prepara la colazione e la cena al marito e poi cerca di riempire il vuoto interiore in ogni modo, irrompe il mostro. Non un essere umano dalla mente perversa o dal corpo sfigurato, ma letteralmente un mostro: una creatura anfibia che proviene dagli abissi, scappata da un laboratorio segreto dove veniva studiata e torturata, di sembianze animalesche ma dotata di una forza d’attrazione comunque conturbante, che provoca una vertigine a cui la protagonista di questa storia non si vuole sottrarre.  

Certo, abbiamo usato il termine mostro, eppure questa creatura ha istinti e desideri estremamente umani e borghesi: una bella donna con cui andare a letto, un tetto sulla testa, la cena servita, un nome qualunque (si fa chiamare Larry perché il suo vero nome nella sua lingua madre è impronunciabile), la televisione a fargli compagnia e una vendetta da consumare nei confronti dei suoi torturatori e di tutti coloro che limitano la sua libertà. Questa normalità in forma di creatura sessualmente appetibile con sembianze vagamente da rospo è qualcosa di così straniante da lasciare senza fiato. 

Durante tutto il corso del libro siamo nella testa di Dorothy, la protagonista, moglie e casalinga da copertina degli anni Cinquanta, almeno in superficie. Seguiamo dunque un punto di vista limitato della vicenda, che ci mostra solo ciò che lei conosce. Piano piano, però, attraverso le sue riflessioni e i discorsi con Larry, veniamo a scoprire cosa si nasconde dietro a questa tranquilla famiglia americana: una vita di delusioni, dolori e ombre, come la perdita di un figlio, i tradimenti del marito, la frustrazione di non avere più un lavoro o una carriera propria. Dorothy dà voce ad un disagio che è prima di tutto quello di una donna inserita in una società fortemente maschilista e limitante da cui si è lasciata manovrare fino all’infelicità e allo stesso tempo denuncia la disfunzionalità di rapporti di coppia di facciata ma privi di amore, in cui i partner non sono stati in grado di sostenersi e comunicare nei momenti più difficili e finiscono per divenire, a tutti gli effetti, degli estranei. Dorothy ha sopportato in silenzio tutto questo malessere per anni, ritenendo il quieto vivere più importante della ricerca della felicità, ma è chiaro che l’elemento di disturbo, la creatura straordinaria che entrerà all’improvviso nella sua vita, non potrà non far crollare questo castello di carte e metterla di fronte ai suoi veri desideri.

Larry, a ben vedere, è simbolo e metafora di molti diversi aspetti e concetti, ma sicuramente uno dei più evidenti è l’istinto, il desiderio, la natura più voluttuosa dell’essere umano. 

Per chi è un po’ avvezzo alla letteratura classica sarà subito balzato all’occhio il titolo, che fa riferimento al personaggio di Calibano ne La tempesta di William Shakespeare. Il Calibano originale è un mostro nel senso più classico del termine, considerato semiumano, figlio di una strega, un essere inferiore per intelletto e dotato di bassi istinti, ritenuti pericolosi e rivoltanti nella società civilizzata. Nell’opera della Ingalls questo netto rifiuto della possibile umanità di Larry è ben presente nella reazione che la società ha nei suoi confronti, nella violenza con cui viene segregato, studiato, torturato senza pietà alcuna: dettaglio che probabilmente sottolinea ancor più chiaramente chi sia il vero mostro. Allo stesso tempo però Calibano è una creatura fortemente legata alla terra, alla natura, all’istinto, e il dono di Larry a Dorothy è proprio quello di riconnetterla con il mondo naturale, con il mare, la sabbia, l’erba che accarezza le piante dei piedi, e al tempo stesso di rinfocolare la sua parte più istintuale, il suo desiderio sessuale.

Ci sembra poi automatico andare con la mente a un’altra grande opera che approfondisce il concetto di mostruosità e il rapporto con l’umano, scritta anch’essa da una donna: Frankenstein di Mary Shelley. Non vi tedieremo con un romanzo che tutti, ovviamente, conoscete, ma gli echi con la creatura, anch’essa rifiutata dalla società, anch’essa più umana degli umani, e il suo percorso di connessione con gli altri attraverso l’acquisizione del loro linguaggio e della loro cultura sono evidenti.

E visto che stiamo citando opere che si richiamano a vicenda, è impossibile non aggiungere qui un riferimento a La forma dell’acqua, film e romanzo di Guillermo del Toro. Entrambe le opere, uscite nel 2017, mostrano una somiglianza troppo spiccata con la trama di questo breve romanzo per essere casuali: dalla descrizione del mostro alla sua relazione con una donna umana e alla fuga dagli scienziati crudeli e senza scrupoli, l’omaggio di Guillermo del Toro all’opera della Ingalls è quanto di più plateale possibile. In tutta sincerità un po’ ci dispiace che il romanzo originale, nonostante una sua riedizione in lingua inglese proprio nel 2017, in seguito al successo del film, non sia stato pubblicizzato a dovere e sia rimasto praticamente sconosciuto al grande pubblico. Se è arrivato in Italia nel 2018 è soltanto grazie all’interessamento di una casa editrice indipendente come Nottetempo edizioni.

Mrs Caliban, insomma, presenta una complessità assai superiore a quella che una prima lettura superficiale permette di cogliere e offre notevoli spunti di approfondimento e riflessione. Questo vale per i protagonisti ma anche per i personaggi che a prima vista sembrano solo di contorno, ma che in realtà, via via che scorre la narrazione, diventano sempre più elementi critici e di svolta nella trama fino al concitato finale, che svela e al tempo stesso nasconde di nuovo. Abbiamo particolarmente apprezzato proprio queste ultime pagine, la risoluzione non scontata, che dà modo al lettore di sorprendersi e che gli lascia molte domande e dubbi su cui meditare.

Mrs Caliban è un romanzo surreale, che rompe la quotidianità con elementi inconciliabili e che in nessun modo l’autrice ha voluto rendere realistici o credibili. La creatura proveniente dalle acque è solo uno strumento narrativo, che le permette di indagare l’umanità e la normalità, se questo termine significa effettivamente qualcosa, insieme al concetto di mostruosità. È un romanzo assai breve, che intrattiene e trascina con sé dalla prima pagina al finale senza cali di tensione, e che riteniamo debba essere riscoperto. Merita decisamente di essere letto, anche soltanto per il senso di straniamento e per la malinconia che lascia dietro di sé una volta che si è voltata l’ultima pagina.

Elena e Manuela

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