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Da Trump a Biden: quali prospettive per la NATO, l’Unione Europea e l’Italia

A partire dal 20 gennaio 2021 Joe Biden sarà ufficialmente il nuovo presidente degli Stati Uniti.

Nonostante le rimostranze di Trump, il personale burocratico della Casa Bianca è già al lavoro per garantire la transizione tra le due amministrazioni: questa avverrà dopo che i Grandi elettori avranno espresso la propria preferenza al Collegio elettorale, il 14 dicembre, e dopo l’insediamento e l’ufficializzazione del Nuovo Congresso nei primi giorni di gennaio. 

Da tempo gli Stati Uniti ricoprono un ruolo determinante nelle dinamiche politiche ed economiche globali e per questo motivo, tantissime persone, nel Vecchio Continente hanno assistito con trepidazione alle ultime elezioni. 

Molti, quando è stato annunciato il successo di Biden, hanno tirato un sospiro di sollievo di fronte alla prospettiva di un cambio di rotta nella conduzione della politica estera di Washington, ma è difficile che le cose possano cambiare radicalmente nel giro di così poco tempo.

Biden sarà chiamato a confrontarsi in primo luogo con la politica interna squassata dalla pandemia, dalla disoccupazione e da profondi conflitti sociali. 

Per questo motivo è probabile che gli Stati Uniti, almeno nella prima fase della sua amministrazione, conducano una politica estera prudente; una politica che nei toni e nelle modalità sarà probabilmente diversa da quella del suo predecessore. 

La politica estera di Donald Trump

Negli ultimi quattro anni Donald Trump ha portato avanti una politica estera non convenzionale e spesso poco attenta ai grandi cambiamenti che il mondo si apprestava a fronteggiare, dal cambiamento climatico al terrorismo, dalla pandemia agli sconvolgimenti geopolitici. 

Il tycoon, durante la propria presidenza, ha dovuto confrontarsi con diverse tematiche spinose come la crescente assertività della Cina in campo economico (con cui ha intrapreso una guerra commerciale) l’insorgenza della Russia e della Turchia nello scacchiere mediorientale e mediterraneo e l’inasprimento nei rapporti con Teheran e Pyongyang (nonostante Trump abbia incontrato Kim Jong-un in uno storico vertice del giugno 2018).

Trump, tenendo fede alla propria fama di uomo d’affari, ha basato la propria politica estera su un approccio economicista ed isolazionista, attraverso il quale gli Stati Uniti hanno cercato di ritrattare o di uscire da tutte quegli accordi che non apportassero alla nazione un beneficio sicuro e immediato. 

Si possono ascrivere a questo atteggiamento la decisione di ritirarsi, nel 2017, dal Trattato Trans-Pacifico (un accordo commerciale tra alcuni stati del continente americano e quelli austro-asiatici), l’abbandono del Trattato per le forze nucleari a raggio intermedio, nel 2018 (un accordo firmato nel 1987 tra USA e URSS per regolamentare l’uso di missili nucleari a raggio intermedio e che secondo Trump, oltre ad essere stato violato dalla Russia, avrebbe favorito la Cina, non essendo essa parte dell’accordo), e l’uscita dall’Accordo sul nucleare iraniano nel 2018, adducendo questioni di sicurezza e accusando l’Iran di terrorismo, nonostante al momento dei fatti Teheran non avesse violato il trattato (il Piano d’azione congiunto globale o PACG è un trattato stretto dai membri del Consiglio dell’Onu, ossia Stati Uniti, Cina, Russia, Francia, e Regno Unito, dall’Unione Europea e dall’Iran per regolamentare l’utilizzo del nucleare da parte iraniana. Teheran, tra le altre cose, si sarebbe dovuta impegnare a smaltire le proprie riserve di uranio a medio arricchimento, a ridurre la produzione dell’uranio a basso arricchimento e l’utilizzo delle centrifughe a gas, e a non costruire nuovi reattori nucleari ad acqua pesante). 

Non si può non citare, inoltre il ritiro, nel 2019, dagli accordi sul clima di Parigi (gli accordi, firmati nell’ambito della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, puntano a limitare l’emissione di gas serra, a prevenire l’aumento della temperatura media mondiale sopra 1,5°C e a offrire forme di supporto agli Stati in via di sviluppo),  l’abbandono, nel maggio 2020, a causa delle violazioni russe, del Trattato Cieli Aperti (un accordo che permette ai Paesi membri di raccogliere informazioni strategiche su altri Stati attraverso ricognizioni aeree) e la revisione del NAFTA (un accordo commerciale tra Stati Uniti, Canada e Messico, che nel 2020 è stato ufficialmente sostituito dall’USMCA, molto più favorevole alla causa americana). 

Infine possiamo ricordare l’uscita dall’Organizzazione mondiale della sanità, nel luglio del 2020, dopo le numerose critiche riservatele nel corso della pandemia da Covid 19, il ritiro entro il 15 gennaio 2021 di 2500 dei 5000 soldati presenti sul suolo afghano e il blocco del WTO, l’Organizzazione mondiale del commercio, tramite la mancata nomina dei giudici necessari per far funzionare la Corte d’appello dell’organizzazione.

L’atteggiamento di Trump in politica estera ha portato al conseguimento di risultati controversi: dopo i contestati Accordi del secolo (un piano di pace stilato per risolvere la questione israelo-palestinese, poi non approvato, palesemente sbilanciato a favore dello Stato israeliano) e il provocatorio spostamento dell’ambasciata americana  da Tel-Aviv a Gerusalemme, Trump nel 2020 ha dato vita agli accordi di Abramo, grazie ai quali gli Emirati Arabi Uniti e il Bahrein hanno normalizzato i propri rapporti commerciali e diplomatici con Israele nell’ottica di dare vita a un fronte anti-iraniano. Trump, inoltre, è riuscito a dare una svolta alla battaglia contro lo Stato Islamico grazie all’uccisione del suo leader Abu-Bakr al Baghdadi, nel 2019. 

Ciò nonostante, in Medio Oriente, il tycoon si è contraddistinto per una condotta ambigua che ha portato all’approvazione di un raid aereo su Ildib, in Siria, per punire l’utilizzo da parte del regime di Assad di armi chimiche sulla popolazione civile, al ritiro delle truppe americane dal nord-est della Siria, lasciando sguarnite le milizie curde (fino a quel momento fondamentali nel contenimento dello Stato Islamico e invise a Erdogan, che le accusa di terrorismo), o ancora all’attacco aereo contro il generale iraniano Qassem Soleimani, una delle figure chiave del regime di Teheran (il raid è stato approvato nel gennaio 2020 in seguito all’attacco di una base militare statunitense a Kirkuk, in Iraq, e all’assedio dell’ambasciata americana a Baghdad da parte di alcune milizie irachene sciite appoggiate dall’Iran. Dopo l’uccisione di Soleimani e le sanzioni che gli Stati Uniti hanno imposto all’Iran dopo il ritiro dal trattato sul nucleare, Teheran ha annunciato che avrebbe ripreso con le procedure per l’arricchimento dell’uranio.).

Un altro provvedimento controverso, inoltre, è stato l’imposizione di dazi all’Unione Europea per la questione Airbus: l’UE, infatti, è stata accusata dagli Stati Uniti di aver riservato aiuti illegittimi ad Airbus, colosso aerospaziale rivale della americana Boeing. Per controbilanciare questa ingerenza pubblica in affari privati, gli USA, tramite il WTO, hanno fatto scattare pesanti dazi alla dogana.

L’atteggiamento di Trump in politica estera si è quindi contraddistinto per l’abbandono di quell’approccio cooperativo e multilaterale che aveva contraddistinto l’America fino a qualche anno prima. 

Ora Biden prenderà il suo posto e sarà interessante vedere come si comporterà. Cosa dobbiamo aspettarci, quindi, dal nuovo Presidente? 

Chi è Joe Biden?

Nonostante l’apparenza da affabile ottuagenario, Biden è uno dei falchi di Washington: come affermato sul Domani da Mattia Ferraresi, infatti, il futuro Presidente è un negoziatore agguerrito e solerte. 

La sua carriera politica è cominciata 48 anni fa, nel 1972, quando è stato eletto senatore in Delaware. Da quel momento è cominciata un’ascesa che l’ha portato ad essere capo della Commissione Esteri e Giustizia e in seguito vice-presidente di Obama per due mandati, durante i quali si è occupato di alcuni dossier fondamentali come i rapporti con l’industria automobilistica in crisi, il ritiro delle truppe dall’Iraq e le operazioni in Afghanistan. 

Prima di quest’ultima tornata elettorale, Biden si era candidato alle primarie del Partito Democratico già due volte, ma senza riuscire a vincere: nel 1987 aveva perso la nomination a scapito di Mike Dukakis (poi sconfitto da Bush Senior) anche perché accusato di aver copiato alcuni parti di un discorso da un’orazione fatta dal laburista inglese Neil Kinnock; nel 2008, invece, era stato spazzato via dal ciclone Obama, che poi lo aveva scelto come suo secondo. 

Biden, nella corso della sua lunga carriera, è stato apprezzato per le sue abilità negoziali e per il suo carisma, ma come scrive Federico Rampini su Repubblica,  negli anni è stato aspramente criticato per essersi opposto al busing (pratica che permetteva a ragazzi bianchi e di colore di salire sullo stesso bus), per la stesura della legge per il contrasto al crimine del 1994 (provvedimento che ha portato all’incarcerazione di numerosissime persone, principalmente latino-americani e afro-americani, per reati minori) e per aver votato a favore del Defense of Marriage Act, provvedimento che garantiva la possibilità agli Stati di non riconoscere come legittimi i matrimoni omosessuali e che non garantiva alle coppie omosessuali benefici assicurativi e previdenza sociale (il provvedimento è stato considerato incostituzionale nel 2013 dalla Corte Suprema). Negli anni, però, Biden sembra aver fatto ammenda per queste sue convinzioni.

Cosa c’è da aspettarsi da Biden in politica estera?

Come afferma la ricercatrice Annalisa Perteghella, sulle colonne del Domani, è probabile che Biden abbandoni l’approccio personalistico e unilaterale di Trump a favore di una maggiore cooperazione con gli storici alleati.

In campo internazionale c’è da aspettarsi inoltre che rinnovi l’impegno degli Stati Uniti nella gestione delle crisi in Libia, Siria e Yemen e che provi a ridimensionare l’assertività russa e turca nel bacino mediterraneo. 

In Medioriente è probabile che il futuro Presidente continui a favorire il disimpegno militare nei teatri di guerra e che ridimensioni il supporto incondizionato a Israele portato avanti fino ad ora da Trump. 

Per quanto riguarda la gestione degli armamenti nucleari, gli esperti non escludono che Biden possa negoziare con la Russia per la riduzione degli arsenali missilistici e provi nuovamente a trattare con l’Iran. 

Infine ci si aspetta che gli Stati Uniti rientrino negli Accordi di Parigi e nell’OMS e che sblocchino lo stallo del WTO.

Ma passiamo alla parte che ci riguarda più direttamente. Come saranno i rapporti tra l’America e i suoi storici alleati? La NATO, l’Unione Europea e l’Italia?

Sebbene negli ultimi anni gli Stati Uniti abbiano spostato il proprio focus sull’Asia e sul Pacifico, Biden cercherà di coinvolgere gli alleati europei in alcune questioni importanti come il cambiamento climatico, per il quale è lecito aspettarsi una cooperazione in materia di investimenti ambientali e transizione energetica, e il contenimento della minaccia cinese.

In ambito economico, invece, c’è da aspettarsi che ponga fine alla contesa sulla questione Airbus e alla guerra sui dazi con Bruxelles e non è da escludere, come affermato in un report stilato dall’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, che si torni a lavorare su un trattato di libero scambio tra Stati Uniti e Unione Europea dopo l’arenarsi del progetto TTIP, il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti.

Come Obama e Trump, il futuro Presidente spingerà affinché gli alleati della NATO aumentino le spese militari e sfruttino i propri eserciti in scenari regionali in cui gli Stati Uniti non vedono più in gioco i propri interessi. Gli USA, infatti, a causa della crisi economica che sta investendo il globo e dell’approccio isolazionista che hanno adottato negli ultimi anni, si troveranno di fronte alla decisione di come allocare le proprie risorse militari, che non sono più estese come un tempo. 

Per questo motivo i membri della NATO dovranno decidere se investire maggiormente nell’alleanza o se, nel caso dei paesi europei, lavorare a una nuova cornice di difesa e sicurezza.  

Ma passiamo al Belpaese.

L’Italia, con la caduta del sistema bipolare che opponeva USA e URSS, non è più al centro dell’agenda estera americana, pur rimanendo comunque  uno dei principali partner commerciali degli Stati Uniti (che per l’Italia rappresentano il terzo paese per numero di esportazioni) e un interlocutore importante nel Mediterraneo.

C’è da aspettarsi, infatti, che la Casa Bianca e la Farnesina, provino a cooperare nella gestione del quadro mediorientale e mediterraneo per stabilizzare i teatri di crisi in Libia e in Siria, la cui instabilità ha dei riflessi indiretti sull’afflusso dei movimenti migratori sul suolo italiano.

Recentemente, inoltre, la firma del Memorandum di Intesa del Marzo 2019, che ha fatto rientrare l’Italia nella Belt and Road Initiative cinese (se volete approfondire potete leggere su Lumen l’articolo Roma e Pechino: il dragone alla conquista dell’Italia?) e la cooperazione sanitaria con Pechino non sono passate inosservate ai vertici della Casa Bianca, i quali temono che l’influenza cinese possa estendersi anche ad altri paesi europei (basti pensare al forum 17+1, una forma di cooperazione tra la Cina e alcuni paesi dell’Europa Centrale, tra cui figurano anche alcuni membri dell’Unione Europea). Per questo è probabile che Washington chieda all’Italia rassicurazioni sul suo rapporto con Pechino, che spinga affinché venga effettuato un controllo più accurato degli investimenti cinesi in entrata e che il colosso cinese Huawei venga escluso dalla realizzazione delle reti 5G in Italia.

Considerazioni finali

L’elezione di Biden porterà sicuramente nuova linfa ai rapporti con gli alleati della NATO e dell’Unione Europea, ma è difficile aspettarsi che i rapporti tornino ad essere solidi come una volta.

Il futuro Presidente, inoltre, sarà chiamato a confrontarsi con la profonda crisi economica e sociale che sta attraversando l’America, riservando, almeno nella prima parte del suo mandato, poca manovra di azione alla politica estera. 

In un periodo come questo anche l’Unione Europea sarà chiamata a confrontarsi con sfide fondamentali come il cambiamento climatico, i flussi migratori, l’emergenza pandemica e il terrorismo e per tale motivo difficilmente potrà prescindere dall’alleanza con gli Stati Uniti. 

D’altro canto c’è da considerare il fatto che gli USA hanno spostato il proprio raggio d’azione verso il teatro asiatico e pacifico e che i mezzi statunitensi non sono più gli stessi della Guerra Fredda. Secondo alcuni osservatori, inoltre, la NATO, nata oltre settant’anni fa per contrastare l’assertività dell’Unione Sovietica e l’espansione del Comunismo, rappresenta una piattaforma obsoleta che richiederebbe un ripensamento radicale. 

L’epoca che stiamo vivendo è in continua evoluzione e necessita di nuove risposte alle sfide che stiamo incontrando: il mondo è sempre più globalizzato e interconnesso, ma sembra si stia progressivamente dividendo in due zone di pertinenza economica, una della Cina e l’altra degli Stati Uniti. Se l’Unione Europea non vuole rimanere schiacciata tra questi due poli e se vuole rispondere efficacemente alle sfide che l’aspettano e alla crescente assertività dei nuovi attori globali, dovrà puntare a rafforzare il processo di integrazione europea attraverso un ampliamento delle competenze in campo economico e fiscale e la creazione di nuove competenze in quello politico e militare. Certo, non è facile, ma solo agendo collettivamente potremo rispondere alle sfide del futuro e magari, un giorno, sperare di non dover assistere alle elezioni americane come se da esse dipendessero le sorti del nostro continente. 

Con buona pace di Mentana e delle sue maratone interminabili.

Marzio Fait

Approfondimenti:

Politica estera Trump: 

  1. https://www.affarinternazionali.it/2019/11/usa-abbandono-accordo-di-parigi/
  2. https://www.ilpost.it/2020/11/14/presidente-trump/?utm_source=telegram&utm_medium=social&utm_campaign=link
  3. Trump ha bloccato il WTO – Il Post 
  4. https://www.ilpost.it/2020/05/21/stati-uniti-uscita-trattato-cieli-aperti/
  5. https://www.ilpost.it/2020/01/05/dentro-attacco-contro-qassem-suleimani/
  6. https://www.ilpost.it/2020/11/18/afghanistan-ritiro-truppe-usa-trump/?utm_source=telegram&utm_medium=social&utm_campaign=link
  7. https://www.ilpost.it/2019/10/07/tradimento-trump-curdi-spiegato/
  8. https://www.internazionale.it/notizie/2016/11/22/tpp-trattato-donald-trump
  9. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/israele-palestina-trump-presenta-il-suo-accordo-del-secolo-24957
  10. https://www.ilsole24ore.com/art/raid-105-missili-siria-trump-missione-compiuta-onu-boccia-richiesta-russa-condanna-AEUKWPYE
  11. https://www.ilsole24ore.com/art/cosa-prevede-storico-accordo-nucleare-l-iran-2015-AErTLjhE
  12. https://usa2020.ispionline.it/usa2020/trump

Joe Biden:

  1. https://www.ilpost.it/2020/11/09/stati-uniti-elezioni-date-insediamento-biden/
  2. https://www.ilpost.it/2020/11/09/biden-primo-giorno-presidente/?utm_source=telegram&utm_medium=social&utm_campaign=link
  3. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/usa2020-nuova-america-vecchie-storie-28001
  4. https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/il-mondo-secondo-joe-biden-28075
  5. https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/joe-biden-era-presidente-molto-prima-delle-elezioni-f5eemo7s
  6. https://www.editorialedomani.it/politica/mondo/cos-biden-vuole-cambiare-ma-non-troppo-il-medio-oriente-disegnato-da-donald-trump-lx2qthap
  7. https://www.repubblica.it/esteri/2020/11/07/news/stati_uniti_joe_biden_presidente_ritratto-273494127/?ref=tgpr
  8. https://usa2020.ispionline.it/usa2020/biden
  9. Dopodomani (allegato del Domani), domenica 1 novembre 2020: Che cosa cambia nei rapporti con l’Europa. Due scenari, Paolo Magri

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