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Scrivere

La frenesia della vita contemporanea  è ormai nota e non necessita di particolari chiarimenti: ciò su cui si desidera invece soffermarsi riguarda un possibile modo di distaccarsene, attraverso un’attività che richiede calma e lentezza, cioè la scrittura. Chiaramente è giusto esigere delle motivazioni per accingersi ad essa e qui si cercherà, senza pretesa di esaustività o di assoluta verità, di individuarne alcune: in particolare saranno approfonditi tre ordini di ragioni, che potrebbero indurre ad apprezzare e sperimentare tale pratica.

In primis sarebbe lecito sostenere che la scrittura aiuti la comprensione di sé, stimolando un pensiero critico verso se stessi. Scrivere è sostanzialmente trasporre su un foglio le parole e i concetti che abitano la nostra testa e ciò può sembrare un meccanismo scontato, ma nella pratica non è affatto semplice: innanzitutto può accadere che ciò che nelle nostre intenzioni sembra avere senso compiuto e una forte struttura si riveli un ammasso disordinato di pensieri, immagini o semplici fantasie, cui non si riesca a dare una forma linguistica; inoltre, la nostra intimità intellettuale è fatta di sensazioni, stati d’animo, ricordi, emozioni e irrazionalità, cui risulta difficile trovare dei termini esatti e calzanti. In entrambi i casi lo sforzo e la ricerca dei giusti vocaboli, di connessioni logiche e di strutture argomentative può aiutare a definire con precisione la portata e il contenuto dei concetti che s’intendono esprimere. Inoltre, il fatto stesso di potersi successivamente trovare di fronte a sé l’oggettivazione di quelle che erano solo idee astratte porta ad un confronto obbligato con le stesse, viste ora da una visuale più esterna, dalla quale risulta più facile operarne un giudizio critico.

In secondo luogo un lato di per sé affascinante e sempre presente nella scrittura riguarda la potenziale eternità di ciò che vien scritto. Chi, mentre s’impegna di propria iniziativa nello scrivere, non sfiora col pensiero la possibilità che quella sua creazione potrebbe vivere per sempre? Probabilmente non chi sfoga il proprio malessere nei commenti sui social. Ma si pensi quale potenza spirituale possa racchiudere una semplice lettera, ricevuta in un tempo obliato da una persona cara, che venga ritrovata e riletta dopo un decennio. Si consideri cosa possa significare per l’animo di un archeologo, che spende la propria vita nello studio e nella ricerca di una cultura ormai perduta, imbattersi in un testo, scritto dalle mani di quegli uomini che tanto desidera conoscere. Ci si ricordi del poeta Orazio, che dichiarò di aver eretto proprio con la poesia un monumento più resistente del bronzo e più alto delle stesse piramidi e che una parte di lui mai sarebbe perita, vivendo nelle lodi dei posteri: dopo duemila anni non si può dire che avesse torto.

Per ultime, tra le ragioni che potrebbero indurre a cimentarsi nello scrivere, si potrebbero includere motivazioni di carattere personali: per alcuni può essere un esercizio divertente, per altri un’evasione dalle proprie prigioni, fisiche o mentali, e per altri ancora un semplice sfogo di istinti sopiti o di emozioni che esigono sia immolata loro una pagina e un po’ di inchiostro.

Infine, nel concludere questo breve pensiero, mi pare giusto evidenziare un carattere particolare della scrittura in sé, oggetto più di un mio gusto personale che di un giudizio: la bellezza e l’incanto che connotano un testo che dal nulla assume una forma, anche fisica, e impara ad ergersi a vita, munita di propria forza e propri mezzi, assurgendo ad un’esistenza pienamente autonoma. Tenendo ferma in me quest’immagine, spesso mi pongo innanzi ad un foglio bianco, ben motivato anche da quelle ragioni, che sono qui state trattate secondo l’intento iniziale, e consapevole che altre ve ne sono, alcune delle quali possono rendersi manifeste solo scrivendo ancora e ancora.

Filippo Frisinghelli

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