La libreria di passaggio

La mia ciclotimia ha la coda rossa

La libreria di passaggio non ospita soltanto romanzi. Siamo lettrici onnivore e non disdegniamo né la saggistica né fumetti e graphic novel. Da sempre, peraltro, riteniamo che alcuni argomenti, trattati attraverso il supporto di un mezzo più stimolante dal punto di vista visivo, diventino più coinvolgenti e più semplici da comprendere.

Uno di questi è la tematica della disabilità e della salute mentale. Ci sono molti libri che parlano in modo più o meno approfondito di psicologia e psichiatria, saggi di approfondimento sui più comuni disturbi o romanzi in cui uno o più dei protagonisti ne mostrano i segnali. Spesso ci capita di leggerne, un po’ per lavoro e un po’ per interesse personale, ma raramente siamo state colpite e al tempo stesso “educate” in modo tanto efficace quanto nel corso della lettura di un paio di graphic novel che vorremmo segnalarvi.

Quella che più ci è rimasta impressa ha un titolo bizzarro, obiettivamente difficile da ricordare ma anche da dimenticare. Si tratta di “La mia ciclotimia ha la coda rossa”, di Lou Lubie, pubblicato in Italia da Comicout. La Lubie, autrice originaria de l’Ile de la Réunion, si confessa in quest’opera riuscendo al contempo a creare uno dei testi introduttivi meglio ideati per quanto riguarda i disturbi dell’umore, quelli che noi, un po’ superficialmente, spesso chiamiamo disturbo bipolare.

La protagonista, vale a dire Lou stessa, inizia a raccontare la sua storia da quando, all’età di 16 anni, inizia ad avvertire le prime avvisaglie di un malessere interiore a cui non sa dare un nome. Un disturbo passeggero, pare, che le toglie ogni energia ma che poi svanisce, lasciandola invece leggera e carica di vitalità.

Purtroppo presto quella sensazione si trasforma in una condizione debilitante, che travolge la sua vita e va a compromettere a poco a poco tutto ciò a cui tiene: gli studi, la famiglia, le amicizie e le relazioni amorose. È da quel momento che inizia per lei un calvario lungo anni, fatto di professionisti poco attenti o forse poco interessati al reale benessere della paziente, di diagnosi sbagliate e medicinali che le hanno fatto più male che bene, di sofferenza, confusione e sentimenti autodistruttivi. Non preoccupatevi, però, perché è una storia a lieto fine. Grazie a una psicologa e a uno psichiatra intuitivi e preparati scoprirà che tutti i suoi disturbi sono stati causati da… una volpe.

La metafora della volpe, che cambia forma, dimensione e colore a seconda della fase dell’umore della protagonista, è estremamente funzionale ed efficace. Graficamente è deliziosa, con il suo arancione acceso che spicca contro il bianco e nero prevalente. Inoltre, trasformata in personaggio parlante, permette alla Lubie di spiegare i concetti alla base dei disturbi ciclotimici in modo molto comprensibile. Lubie, forse anche grazie alla propria esperienza e al suo bisogno in prima persona di informarsi e chiarirsi le idee, inserisce nella narrazione grafici e schemi essenziali ma esaustivi, almeno quanto basta perché il lettore si faccia un’idea di base più corretta su tutto ciò che influenza la ciclotimia e i disturbi che possono colpire l’umore.

Abbiamo scelto di evitare il termine “bipolare” fino ad ora, nonostante sia uno dei nomi utilizzati per riferirsi alla famiglia dei disturbi dell’umore, perché troviamo che questa parola abbia assunto nel tempo un significato errato e dispregiativo nel linguaggio comune. Moltissime persone usano “bipolare” come sinonimo di “schizofrenico”, sebbene le due problematiche non abbiano praticamente nulla da spartire, ed è spesso fonte di grandi risate, almeno per chi non soffre di questo disturbo per davvero.

“Bipolare”, come tante altre etichette, è diventato un’arma a doppio taglio: infatti, se da una parte espone la persona che si confessa ciclotimica ad essere fraintesa e denigrata per questo, dall’altro offre alla stessa una risposta, un riconoscimento e un percorso di gestione del disturbo che, in assenza di definizioni, sarebbe impossibile. È un tema che la Lubie affronta tra le pagine della sua storia con grande capacità di introspezione. Dimostra una notevole conoscenza di sé, ma anche grande empatia col mondo circostante, con chi un problema come questo non ce l’ha e non lo può capire.

In generale, forse, è proprio in questo che la Lubie eccelle: sa mettersi a nudo senza che la narrazione diventi voyeuristica, sa parlare del dolore in modo toccante ma delicato e riesce a trasmettere al lettore totalmente estraneo alle sue esperienze un’immagine tangibile e realistica pur utilizzando elementi fantastici nella narrazione. Il tutto condito con un umorismo fine ma davvero spassoso e un tratto grafico che a noi è piaciuto moltissimo.

Abbiamo detto all’inizio di questo articolo che ci sono diversi graphic novel che trattano di salute e inclusione sociale e, visto che il 2 aprile si celebra la Giornata Mondiale per la consapevolezza sull’autismo, abbiamo scelto di parlarvi anche di un’altra opera che ci ha regalato un’interessantissima ed istruttiva esperienza di lettura. Ancora una volta si tratta di una storia autobiografica, quella di Marguerite, che ha visto la luce grazie al lavoro di Julie Dachez e Mademoiselle Caroline, che ne hanno curato rispettivamente la sceneggiatura e i disegni.

Il graphic novel in questione si intitola “La differenza invisibile” ed è pubblicato da Edizioni LSWR. Marguerite all’inizio della storia ha 27 anni e vive un’esistenza apparentemente normale, per quanto molto ripetitiva e rigidamente organizzata; tuttavia sotto la superficie prova un disagio e una frustrazione che fatica sempre più a nascondere. I suoi colleghi, gli amici e il fidanzato si lamentano per quelle che ritengono risposte inadeguate, atteggiamenti insensibili e stranezze. L’ambiente di lavoro diventa via via sempre meno tollerabile. I suoi comportamenti vengono più volte fraintesi, con conseguenze anche gravi.

Esasperata da questo essere costantemente quella “strana”, quella “non normale”, Marguerite si affida a internet e per la prima volta le viene il sospetto di essere nello spettro autistico. Ci vorranno anni, purtroppo, perché Marguerite possa ottenere una diagnosi certa e per quanto questo sia per lei un sollievo implicherà anche nuovi scontri con l’ignoranza e la mancanza di empatia delle persone che le vivono accanto.

Ancora una volta, quindi, ci troviamo di fronte a una storia vera, che viene condivisa perché diventi informazione e monito, un mezzo per spingere le persone ad appurare le cause del proprio disagio sociale e, allo stesso tempo, per educare i neurotipici alla neurodivergenza. “La differenza invisibile”, come “La mia ciclotimia ha la coda rossa”, sottolinea l’importanza di una diagnosi corretta e che arrivi il prima possibile, di una formazione seria e approfondita per i professionisti della salute ma anche per gli educatori e i formatori.

La forza di queste storie risiede molto nel loro carattere autobiografico. Fortunatamente sono tante, al giorno d’oggi, le persone che hanno saputo mettersi in gioco e raccontare con i propri mezzi di preferenza la propria esperienza, le problematiche e le fatiche che questo genere di disturbi comportano, ma anche le strategie che hanno saputo trovare per gestire la vita di tutti i giorni. Per chi, ad esempio, fosse interessato ad approfondire il tema autismo e volesse utilizzare un canale più diretto e veloce, come Instagram, consigliamo di seguire Red, una ragazza autistica italiana diventata ormai quasi un personaggio, che attraverso brevi video e immagini si prefigge di raccontare cosa significhi davvero essere autistici, quale terminologia usare per parlarne correttamente e come essere di supporto alla comunità.

Red sottolinea spesso, peraltro, un aspetto che ha colpito anche il caso di Marguerite: la percezione generale è che ci siano molte più persone autistiche di sesso maschile, mentre la verità è che la maggior parte delle donne passa inosservata o viene misdiagnosticata per altri problemi, come ad esempio un disturbo d’ansia.

Consigliamo caldamente entrambi i graphic novel a chiunque volesse approcciarsi all’argomento, non solo perché è la loro finalità primaria quella di far conoscere queste realtà al grande pubblico, dando alle persone i mezzi per comprendere e stare vicino a chi ha a che fare con un disturbo, ma anche perché entrambi sono corredati da numerosi consigli di lettura per approfondire, link a pagine utili e una serie di suggerimenti e strategie per chi è già stato diagnosticato ma vorrebbe un ulteriore aiuto nel gestire le proprie problematiche.

Elena e Manuela

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