Economia e Politica Italia

Rosa, rosae.. Rosatellum!

Tra venti giorni, dopo una calda campagna elettorale, ci recheremo alle urne per rinnovare il nostro Parlamento. Ma come funziona il sistema elettorale italiano? Come si vota? Cosa cambierà dopo il 25 settembre?

Innanzitutto dobbiamo ricordare che, essendo la nostra una Repubblica parlamentare, il popolo italiano eserciterà il suo diritto di voto al fine di definire la composizione della Camera dei Deputati e del Senato. La legge che ne disciplina le elezioni, il Rosatellum bis, in vigore dal 2017 e che deve il suo nome al Deputato Ettore Rosato, prevede un meccanismo così detto “misto” poiché, in entrambe le Camere, una percentuale dei seggi viene assegnata proporzionalmente. 

Per la precisione il 61%, a liste o coalizioni che abbiano superato determinate soglie di sbarramento, parte, il 2%, viene ripartito sempre proporzionalmente attraverso il voto esercitato dagli italiani residenti all’estero, mentre il 37% viene ripartito seguendo un sistema maggioritario a collegi uninominali. 

Se considerato in purezza, il sistema proporzionale, assegnando i seggi in maniera perfettamente speculativa rispetto alle percentuali di voto e quindi alla volontà popolare, integra il modello democratico per eccellenza. Ma, al giorno d’oggi, in ordinamenti in cui sono presenti sempre più partiti rappresentanti forze politiche diverse, sarebbe impossibile garantire una stabile maggioranza applicando il meccanismo senza adottare correttivi. 

L’esempio di scuola circa l’instabilità politica dovuta ad un’eccessiva frammentazione partitica in Parlamento è Israele, dove il sistema elettorale, ad unica circoscrizione nazionale, si fonda su un meccanismo proporzionale a liste bloccate a cui, nel 2014, è stato aggiunto il correttivo della soglia di sbarramento al 3,25%. Si pensi che dall’aprile del 2019 le elezioni si sono ripetute ben quattro volte e, a novembre di quest’anno, la Knesset verrà rinnovata nuovamente.

Il sistema maggioritario invece prevede un meccanismo di voto che, volto a garantire grande stabilità, porta inevitabilmente alla formazione di maggioranze che non rappresentano esattamente la volontà popolare. Questo sistema, in cui il candidato può aggiudicarsi la vittoria anche quando abbia ottenuto un solo voto in più rispetto agli altri candidati al collegio elettorale, favorisce la creazione di forti alleanze polarizzate, che potranno così propriamente competere per l’aggiudicazione dei seggi. 

Il maggioritario a collegi uninominali che si fonda su maggioranze relative e quindi sul semplice e immediato principio del “first past the post” prevale, e.g., nel Regno Unito, dove il popolo britannico elegge, in ognuno dei collegi del Paese, un candidato che poi siederà in Parlamento, e negli USA, dove i Grandi elettori, scelti in ogni Stato federale, votano poi per il Presidente degli Stati Uniti e il suo Vice. 

Anche questo sistema presenta criticità in quanto, come accadde alle elezioni che videro vincitore D. Trump nel 2016, può concretizzarsi lo scenario in cui la maggioranza dei voti espressi dalla totalità della popolazione non rispecchia la maggioranza rappresentata dai Grandi elettori.

A differenza di quello anglosassone, un sistema maggioritario può poi fondarsi su un meccanismo uninominale a doppio turno, tale per cui il candidato che si aggiudica il seggio deve ottenere la maggioranza assoluta al primo turno per non doversi altrimenti scontrare al ballottaggio con il secondo candidato più votato. Questo sistema viene adottato in Francia, Repubblica semi-presidenziale in cui gli elettori votano separatamente per il Presidente della Repubblica e per la composizione di Senato e Assemblea Nazionale. 

Una terza tipologia di sistema maggioritario, “a voto alternativo,” è quella applicata in Australia, Monarchia parlamentare federale, dove gli elettori esprimono il loro voto stilando una sorta di classifica dei candidati in collegi uninominali e, se nessuno tra loro raggiunge la maggioranza assoluta, i voti ricevuti dal meno votato vengono sommati a quelli di coloro che erano stati indicati come seconda preferenza. Il meccanismo si ripete finché uno fra i candidati raggiunge la maggioranza assoluta dei voti. 

Diversi ordinamenti invece adottano un sistema misto, spesso prevedendo soglie di sbarramento che in Italia, per la parte proporzionale, corrispondono al 3% per le liste singole e al 10% per le coalizioni. Le liste facenti parte di una coalizione che abbiano ottenuto almeno l’1% dei voti, senza però superare il 3%, li riversano proporzionalmente alle forze partitiche della medesima coalizione che hanno superato la soglia minima. I voti delle liste che rimangono sotto l’1% vengono invece dispersi. 

Sulle due schede, una per la Camera dei Deputati e l’altra per il Senato, lo schema di voto sarà il medesimo. Ogni coalizione o singola lista presenterà il nome di un candidato o di una candidata al collegio uninominale, mentre accanto ad ogni simbolo di partito verrà stampato un listino bloccato di candidati per i seggi che saranno assegnati proporzionalmente. 

Per esprimere la propria preferenza, l’elettore non dovrà fare altro che segnare il simbolo di lista, e in questo caso il voto sarà esteso in automatico anche al candidato dell’uninominale collegato, o il nome della persona candidata per l’uninominale, comportando quindi la distribuzione proporzionale del voto anche sui partiti della coalizione a suo sostegno. 

Non sarà possibile esprimere il proprio voto disgiuntamente, segnando il nome di un candidato all’uninominale e una lista separata, mentre non invaliderà il voto la doppia x, sulla lista e sul nome del candidato all’uninominale corrispondente.

A seguito del Referendum tenutosi nel settembre di due anni fa, il numero di Senatori e Deputati è stato ridotto rispettivamente da 315 a 200 e da 630 a 400. Oggi possiamo constatare la reale portata della riforma costituzionale che, ridimensionando il numero dei seggi disponibili, crea qualche malcontento tra politici ed elettori poiché, al momento della presentazione delle liste, rende necessaria l’esclusione di alcuni rappresentati di partito.

Per quanto concerne le regole sull’elettorato attivo, se fino a qualche anno fa per rinnovare la “Camera anziana” era necessario aver compiuto il venticinquesimo anno d’età, grazie alla Legge Costituzionale 1/2021 potranno votare per la prima volta tutti i cittadini maggiorenni. Non è invece stato modificato alcunché con riguardo all’elettorato passivo e, quindi, per diventare Deputati e Senatori della Repubblica l’età minima richiesta rimane rispettivamente quella dei 25 e dei 40 anni.

Per quanto riguarda la possibilità di esprimere il proprio voto fuori dal territorio nazionale, potranno votare per corrispondenza i cittadini iscritti all’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero che si esprimeranno sui candidati della Circoscrizione estero, ripartita in quattro aree: una europea, comprensiva della parte di Russia asiatica e della Turchia, una facente riferimento all’America meridionale, una all’America settentrionale e centrale e l’ultima comprensiva di Africa, Asia, Oceania e Antartide. 

Gli elettori, che riceveranno il plico per posta, potranno esprimersi entro il 22 settembre. Per gli italiani che invece si troveranno temporaneamente all’estero o per gli iscritti all’AIRE bloccati in una circoscrizione consolare diversa da quella di residenza, sarà possibile votare per corrispondenza se avranno comunicato l’opzione al comune d’iscrizione nelle liste elettorali entro il 24 agosto.

Non sono invece state introdotte nuove regole che consentano di esercitare il diritto di voto agli italiani che, pur non dovendo uscire dai confini nazionali, domenica 25 settembre non si troveranno nel proprio comune di residenza per motivi di studio, lavoro o altre esigenze. Una mancanza alla quale, nonostante nel 2020 sia stato istituito il Fondo per il voto elettronico, finalizzato all’introduzione in via sperimentale del voto digitale, il legislatore italiano non ha ancora trovato soluzione e che impedirà a milioni di cittadini di esercitare il proprio diritto di voto.

Una volta ufficializzati i risultati elettorali, i rappresentanti che siederanno in Parlamento dovranno innanzitutto eleggere i Presidenti delle rispettive Camere. Successivamente il Presidente della Repubblica, ascoltati questi ultimi e i senatori a vita, assegnerà  la carica di Presidente del Consiglio dei Ministri a colui o colei che possa rappresentare l’indirizzo politico della maggioranza, formare il Governo e ottenere la fiducia alle Camere. 

Assia Zoller

© Riproduzione riservata

Condividi se ti è piaciuto:

Similar Posts